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Se questo è un uomo, squartalo

14 luglio 2006

di Gabriella Saba

 

Culminavano nella “prova di coraggio” i corsi di addestramento per paramilitari di cui Francisco Enrique Villalba Hernández detto Cristian Barreto è il primo a descrivere l’orrore. Rinchiuso nella prigione bogotana di La Picota e allo scopo – presumibilmente – di ottenere uno sconto di pena, il baffuto, in apparenza pacioso Villalba racconta infatti di come, ai tempi del suo addestramento (avvenuto nei primi anni Novanta), gli venne ordinato di squartare viva una ragazza e che quel rituale – tagliare a pezzi i nemici vivi, la “prova di coraggio”, appunto – era un passaggio obbligato per diventare a tutti gli effetti un paraco: uno che aveva abbastanza fegato da fare a pezzi a colpi di machete gli anziani campesinos (e non solo) che qualcuno catturava con quello scopo.

 

Ed è così che i racconti degli squartamenti fatti dai contadini (i racconti, non gli squartamenti) e che per molto tempo avevano lasciato scettici i giudici prendono forma, e insieme a quelli emergono storie di massacri e sparizioni, di torture e punizioni esemplari a carico di gente per lo più innocua: da diecimila a trentamila persone (ammazzate in gran parte dai paras negli ultimi anni di guerra) di cui nessuno sa più nulla, né come siano morte e nemmeno se siano finite ai pesci, lasciate in pasto agli animali o, come più spesso è avvenuto, tagliate a pezzi (da vive o da morte) e poi ficcate nelle fosse comuni per risparmiare spazio e rendere più difficile l’identificazione.

 

Da circa un anno, e cioé da quando i paramilitari catturati o costituitisi hanno comiciato a confessare i loro peccati (spinti dal rimorso, dicono), tre squadre incaricate dalla Procura stanno battendo la Colombia in cerca di quelle fosse e, all’interno di esse, dei resti dei poveracci i cui i parenti chiedono oggi giustizia.

 

 

Henrique Villalba Hernandez

 

Già, perché soltanto dal momento in cui i paracos hanno deposto le armi i familiari dei desaparecidos hanno cominciato a cercare i loro cari. Catturati dalle squadracce con l’accusa di fiancheggiare le Farc, nessuno li aveva più visti e i tentativi di conoscerne la sorte si erano infranti contro le difficoltà di trovare testimoni e le stesse minacce dei paramilitari. “Se devo andare fino all’inferno a trovarla, ci andrò”, ha detto al quotidiano El Tiempo Pastora Mira García della cui figlia, Sandra, si sono perse le tracce il 6 febbraio del 2000 e che lei cerca ovunque le segnalino una possibile fossa nella campagna intorno a San Carlos, nel dipartimento di Antioquia. Studentessa all’Università di Medellin, nel febbraio del ‘99 una squadraccia la prelevò dall’autobus in cui viaggiava con la figlia per portarla in un certo posto e convincerla a lavorare per le Auc come già faceva il suo compagno. Il giorno dopo la bambina tornò a casa ma la ragazza no e Pastora vorrebbe almeno trovarne il corpo perché, come ha detto, “quando uno tira su un figlio e soffre quello che ha sofferto lei, la vita diventa un disco che si ferma soltanto quando lo sepelleisce e la mia vita invece continua a girare e girare”. Pastora ha avuto paura, lo ammette, e invece Rosalba Velásquez no, perché insieme ai quoi quattro figli, dice, le hanno ammazzato anche quella. Quattro figli e un marito che non ha retto all’assassinio del primo, Guillermo, da parte delle Farc, e dopo il funerale non ha smesso di bere brandy finché il cuore si è fermato. A Freddy e Jairo, altri due figli, se li portarono via i paracos che fecero sparire anche Wilmar, sopravissuto e arruolatosi nell’esercito e mai più trovato. Rosalba li cerca di un decennio e si è abituata all’odore della morte e a quello del sangue altrui perché di morti ne ha toccato tanti, ormai, ma i suoi non li ha trovati.

 

Non è la sola. La maggior parte dei familiari dei desaparecidos non ha avuto finora più fortuna. La Procura ha ricevuto in un anno circa 3.710 segnalazioni di fosse comuni ma la maggior parte non le hanno scavate per mancanza di soldi (in un anno soltanto 13 cadaveri sono stati identificati attraverso l’esame del Dna). Il budget stanziato dal Governo per le ricerche è ridicolmente basso, ventimila milioni di pesos, tanto che Eduardo Pizarro, presidente de la Cnrr, chiede che la questione venga inclusa nel Piano di Sviluppo. Per il momento all’antropologa forense incaricata dalla Procura Liliana Meléndez tocca qualche volte comprarsi perfino le pale di tasca sua, però è convinta che a dissotterrare quei corpi amputati si aiuti il Paese e per questo se ne va in giro, da sola, nelle zone più a rischio e guadagnando dieci volte meno di quello che guadagnava in Kosovo.

 

Dicono al quotidiano El Tiempo che i giornalisti tornino a pezzi da quei viaggi con le squadre a cercare le fosse ma che al Paese non gliene importi troppo. C’è una Colombia rurale che non si vede dalle grandi città in cui la vita corre veloce e della guerra arrivano gli echi e qualche milione di desplazados ma non i saccheggi e i massacri che li hanno prodotti. Una famosa antropologa, María Victoria Uribe, specialista della violenza in Colombia negli anni Cinquanta, è convinta che “alla società bogotana non importa un cavolo che si scoprano quindici cadaveri a Sucre”. Ma assicura che tutto quello che è già successo succederà ancora se continueranno a seppellirlo sotto un manto di impunità. “”Garantisco che fra vent’anni vedremo ancora la gente squartarsi se non provvediamo a socializzare il Paese”.

 

 

 

Nota: Henrique Villalba è stato assinato nell’aprile del 2009, in misteriose circostanze, dopo essere stato (altrettanto misteriosamente) rilasciato dal carcere nel quale scontava la sua pena

 

 

 

 

 

 

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