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Tuesday, June 6, 2023
HomeSud AmericaCileUna Costituzione bella, bellissima, da buttare…

Una Costituzione bella, bellissima, da buttare…

La si potrebbe in tutta tranquillitĆ  chiamare – parafrasando per l’ennesima volta il titolo d’uno dei più famosi romanzi di Gabriel GarcĆ­a MĆ”rquez – la cronaca d’una catastrofe annunciata. Anzi: annunciatissima. Da mesi, infatti, tutti i sondaggi d’opinione inequivocabilmente andavano segnalando, in vista del programmato referendum chiamato ad approvare o respingere la nuova Costituzione, maggioranze a favore del rechazo che, se non proprio ā€œbulgareā€, apparivano chiarissime e a prova di rimonta. Rechazo ĆØ stato, se non proprio in bulgare proporzioni, certamente al riparo da qualsivoglia edulcorata analisi d’una disfatta che, per come ĆØ arrivata, per i suoi tempi, i suoi modi e per i suoi più intrinsechi significati, ĆØ un vero e proprio calcio in faccia al fresco governo di Gabriel Boric, all’intera sinistra cilena e, in buona misura, anche all’intera sinistra latino-americana e ā€œglobaleā€.

Non c’è modo di indorare la pillola. Il ā€œnoā€ ha ricevuto, domenica scorsa, il 62 per cento dei voti contro il 38 per cento dei ā€œsĆ¬ā€. E se questa giĆ  di per sĆ© appare, in termini assoluti, una catastrofica sconfitta, a incrementarne l’apocalittica portata si sovrappone la mostruosa ā€œrelativitĆ ā€ dei numeri di cui sopra. Più in concreto: si sovrappone – inevitabile e dolorosissimo – il confronto con le cifre che, solo poco più d’un anno fa avevano sancito i vincitori e i vinti di un altro referendum. Quello che, per l’appunto, era stato chiamato a dire ā€œsĆ¬ā€ o ā€œnoā€ al ripudio della Costituzione vigente – approvata nel 1980 durante il sanguinoso regno di Augusto Pinochet – e alla elezione d’una assemblea costituente col compito di elaborarne una nuova di zecca, in sintonia con un paese che, come dimostrato dalle proteste popolari che l’avevano scosso lungo tutto il 2019, aveva fame di democrazia, di libertĆ  e di nuovi diritti. In quell’occasione gli ā€œaprueboā€ avevano sfiorato, trionfalmente, l’80 per cento dei suffragi.

Che cosa ĆØ accaduto? In che modo e perchĆ© quell’80 per cento ĆØ tanto repentinamente e rovinosamente precipitato al 38? Come e per quale motivo la spinta al cambiamento – la stessa che, solo qualche mese fa, aveva portato Gabriel Boric alla moneta con il 56 per cento dei voti– si ĆØ tanto clamorosamente trasmutata nel suo contrario? E questo, altro apparentemente inspiegabile paradosso, mentre da ogni parte del mondo si levavano, non solo grazie ai corifei progressisti, lodi ed elogi per i contenuti innovatori che – in termini di inclusivitĆ , ambientalismo, eguaglianze di genere, riconoscimento delle nazionalitĆ  indigene e di nuovi inalienabili diritti sociali alla salute ed all’educazione – sembravano, come in una finestra aperta sul futuro, esemplarmente caratterizzarla.

Qualcuno pochi giorni prima del voto e di quello che si annunciava, ormai, come un inevitabile trionfo dei ā€œnoā€ l’aveva definita: ā€œUna Costituzione che piace a tutti, tranne ai cileniā€. E un fatto ĆØ lapalissianamente certo: i cileni davvero desideravano – e chiaramente l’avevano detto il 15 maggio dello scorso anno – una nuova Costituzione. La volevano per ragioni morali e per ragioni politiche. La volevano (questa la ragione morale) perchĆ© – seppure emendata nel 1989 e nel 2005 dai suoi più ovvi contenuti autoritari, e ormai diventata, di fatto, una classica carta magna liberale – quella Costituzione portava comunque il marchio d’infamia della dittatura. A concepirla era stato Jaime GuzmĆ”n (poi assassinato nel ā€˜91, poco dopo il ritorno della democrazia, dal Frente Patriótico Manuel RodrĆ­guez) riconosciuta eminenza grigia giuridica di Pinochet.

ā€œApprovataā€ con un referendum-farsa con quasi il 70 per cento dei voti – quella Costituzione aveva un chiarissimo obiettivo: garantire la continuitĆ  del regime all’interno di una democrazia bipartitica di facciata (tipo quella che, in Paraguay, per molti decenni fece da schermo ad Alfredo Stroessner). La volevano i cileni una nuova Costituzione (e questa ĆØ la ragione politica, economica e sociale) perchĆ© sentivano il bisogno, in un paese diventato sotto Pinochet la ā€œcarne da cannoneā€ del neoliberismo estremo dei ā€œChicago -boysā€, di nuovi principi e diritti che combattessero vecchie e nuove diseguaglianze, vecchie e nuove ingiustizie.

E proprio questo ĆØ il punto. Nella nuova Costituzione rechazada a grande maggioranza dal popolo ci sono tutti – e tutti in sovrabbondanza – quei principi e quei diritti che il popolo agognava. Non ne manca nessuno. E questo spiega gli elogi progressisti piovuti da ogni angolo del pianeta. Il problema ĆØ che non d’una Costituzione si tratta. PerchĆ© della Costituzione quel documento non ha, in effetti, due delle più indispensabili caratteristiche: la chiarezza e l’essenzialitĆ , la capacitĆ  d’offrire, in sintesi, una riconoscibile e davvero maggioritaria idea di nazione.

Il documento che l’assemblea costituente – eletta con criteri paritari, 50% uomini e 50% donne e molto, forse troppo, ā€œspostata a sinistraā€ – ha infine consegnato alla storia (e alla propria catastrofica sconfitta) ricorda piuttosto una di quelle piattaforme programmatiche, mastodontiche e inutili elenchi di promesse, che le coalizioni partitiche sono solite elaborare in vista delle elezioni per dare ai votanti (che di norma quelle piattaforme neppure leggono, perchĆ© illeggibili) un artefatto senso di compattezza; contenitori nei quali deve entrare tutto, dai massimi sistemi dell’ideologia, alle politiche per il verde pubblico.

La nuova (e giĆ  ignominiosamente archiviata) non-Costituzione cilena non ĆØ, a conti fatti, che una sommatoria di eccellenti intenzioni e di splendide idee di libertĆ  e di eguaglianza, passate però al frullatore da una sinistra immatura e folcloristica, innamorata di se stessa e del proprio lessico; un fiume di parole lungo quasi 200 pagine per quasi 400 articoli – nel quale, in forma liquida, scorre di tutto e di più. O meglio: dove si può trovare tutto tranne la capacitĆ  di dare un senso a concetti, o meglio, a suggestioni ribadite fino alla noia – vedi il caso della natura ā€œplurinazionaleā€ dello Stato – ma mai davvero spiegate. Un esempio, giusto per dare un’idea, tra le centinaia che si potrebbero estrarre dal frappĆØ presentato al popolo. Dall’articolo 6, paragrafo 4: ā€œLe istituzioni, i poteri e gli organi di Stato… dovranno incorporare trasversalmente la focalizzazione di genere nel suo disegno istituzionale, di politica fiscale, di bilancio e nell’esercizio delle sue funzioniā€¦ā€

Un pasticcio. E un pasticcio sul quale la destra ha felicemente, senza fatica e con prevedibile successo, costruito la sua campagna di disinformazione, dilatando paure e rancori. I dirigenti di sinistra più avveduti – a partire dallo stesso Boric – hanno cercato di correre ai ripari annunciando una continuazione (e una rettificazione) del processo costituzionale. Ma non hanno fatto, in sostanza, che peggiorare le cose. Un pasticcio la nuova Costituzione era e un pasticcio ĆØ rimasto, con le ā€œtoppeā€ dell’ultima ora a ulteriormente evidenziarne i difetti.

Dato per certo da settimane dai sondaggi il cazzotto ĆØ infine arrivato. E colpita al mento, la sinistra – incapace di alzare la guardia perchĆ© troppo impegnata a guardarsi allo specchio – ĆØ finita miseramente al tappeto. Non sarĆ  facile, adesso, rialzarsi prima che l’arbitro – ancora una volta il popolo cileno – conti fino a dieci.

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