Dice che governerà “per tutti, anche per quelli che non mi hanno votato”. Ma fin troppo chiaro è che, come tutti i dittatori – anzi come tutti i “dictadorzuelos” – Juan Orlando Hernández governerà solo per se stesso.
Con la cerimonia di assunzione della presidenza si è chiusa ieri, in Honduras, un’altra delle brutte storie che vanno marcando la crisi della democrazia (una democrazia spesso con grandi sacrifici riconquistata) in tante parti dell’America Latina. E si è chiusa nella nebbia dei lacrimogeni, tra le proteste di un paese che non accetta la farsa elettorale che ha regalato a Hernández un secondo mandato presidenziale. Ovvero: qualcosa che la Costituzione dell’Honduras esplicitamente vieta.
I fatti sono noti. Juan Orlando Hernández ha vinto – secondo i molto poco convincenti dati del Tribunale elettorale, giunti al termine d’un assai nebuloso conteggio durato più di due settimane – battendo di strettissima misura (42, 95% contro 41,42%) il candidato della Alianca Oposidora, Salvador Nasralla. Ha vinto quasi certamente per frode elezioni che tutti gli osservatori internazionali – a cominciare da quelli della OAS, Organizzazione degli Stati Americani – ha reclamato la ripetizione del voto. E, soprattutto, ha vinto elezioni alle quale, stando alla Costituzione, neppure avrebbe dovuto prender parte.
Come è potuto accadere? La risposta e molto semplice. Come avviene in tutte le partite truccate, Hernández ha comprato gli arbitri. Più esattamente: ha, nel corso del suo primo mandato, riempito la Corte Costituzionale di suoi uomini. E dai suoi uomini ha ottenuto – per colmo di ridicolo nel nome della difesa dei suoi “diritti umani” – il diritto di ripresentarsi ad elezioni che poi ha vinto per frode, grazie alla complicità dell’altro arbitro (il Tribunale elettorale che, per restare in metafora, chiameremo il guardialinee).
Proprio così: Juan Orlando ha potuto correre per un secondo mandato perché la Corte ha decretato che farlo era un suo “diritto umano”. E la cosa peggiore è che questa degli arbitri comprati e dei nuovi “dictadorzuelos” – non che dei “diritti umani” violati – non soltanto una storia honduregna. È, invece, parte di una nuova tendenza che – dal Nicaragua del “nuovo Somoza” Daniel Ortega, al Paraguay, alla Bolivia, per non dir del Venezuela – sembra marcare il futuro prossimo venturo dell’intero continente. Vedi, a questo proposito: :
“Dall’Honduras alla Bolivia, il triste ritorno del ditadodzuelo”.