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Cile, Costituzione: i tormenti del giovane Boric

Ribaltone in Cile. La destra torna maggioranza e guiderà il Comitato chiamato a stilare la nuova Costituzione. Solo due anni fa – esattamente il 17 maggio del 2021 - la sinistra aveva stravinto le elezioni per la nuova Assemblea Costituente. E nel marzo dello scorso anno, Gabriel Boric era stato eletto presidente alla testa di una coalizione progressista. Lo scorso settembre la proposta di Costituzione elaborata dalla Assemblea di cui sopra – una classica e molto pasticciata “fuga in avanti” – era però stata sonoramente bocciata, in quello che si preannunciava, per la sinistra, come l’inizio d’una catastrofe, da una forte maggioranza dell’elettorato. E ieri il cerchio di quella catastrofe si è infine chiuso. La destra di José Antonio Kast ha raggiunto quasi il 36 per cento dei voti e godrà, insieme ai rappresentanti d’una destra più moderata, di una maggioranza pari a 33 dei 50 seggi totali. Per La sinistra di Boric, ferma al 28 per cento, appena 16 seggi. E questo è il grande paradosso. Adesso a stilare la “nuova” Costituzione saranno coloro i quali non volevano cambiare la vecchia. Di questo parla, in un ampia intervista su BBC World, la professoressa Carla Heiss, preside della Facoltà di Scienze Politiche della Università del Cile.

Il Cile, il paese che ha in Gabriel Boric il suo presidente più di sinistra da decenni, ha appena lasciato nelle mani della destra la chiave della riforma costituzionale che tanto cerca.

Il Partito Repubblicano di José Antonio Kast, il leader della destra radicale sconfitto da Boric nel 2021, ha ottenuto nelle elezioni di domenica 23 dei 51 seggi del Consiglio Costituzionale che dovrà redigere una nuova Magna Charta per il paese.

In questo modo, il gruppo di Kast si assicura il potere di veto all’interno dell’organo e la possibilità di allearsi con la destra tradizionale cilena, che avrà 11 consiglieri, per spingere una nuova Costituzione a plebiscitarsi in dicembre.

“È un grande paradosso: erano sempre contrari al processo costituente e oggi hanno l’opportunità di scrivere la Costituzione che vogliono”, nota Claudia Heiss, direttrice di carriera di scienze politiche presso la Facoltà di Governo dell’Università del Cile, in un’intervista alla BBC Mundo. E segnala che ciò rappresenta una grande sfida non solo per il governo di Boric, la cui coalizione di sinistra ha ottenuto 17 consiglieri (meno dei 21 che gli avrebbero dato la possibilità di veto) ma per l’intero sistema politico cileno.

Che lettura fa dell’elezione del nuovo consiglio costituzionale del Cile domenica?

C’è una sola lettura: c’è un voto di reazione molto duro contro i programmi di cambiamento, grazia all’incertezza seminata a partire dal processo costituente precedente, ad un contesto di crisi economica, ai problemi di sicurezza pubblica ed alla  crisi migratoria che ha accompagnato tutta la precedente, e molto forte, ondata riformista.

C’è stato un movimento pendolare da una ricerca di nuovi attori nella politica, piuttosto nella sinistra e nelle organizzazioni sociali, a un cambiamento anche a gruppi che sono visti come esterni al sistema politico ma che appartengono all’estrema destra.

È un paradosso che un settore il cui leader, José Antonio Kast, si sia opposto al cambiamento della Costituzione possa ora avere la chiave di questo cambiamento?

Sì, è un paradosso: sono sempre stati contrari al processo costituente e oggi hanno l’opportunità di scrivere la Costituzione che vogliono. Solo il Partito Repubblicano con i suoi 23 voti può porre il veto alle regole. Ma, in alleanza con i partiti di destra, potrebbero anche effettivamente redigere una Costituzione quasi come se fossero la Commissione Ortúzar (istituita durante il regime di Augusto Pinochet per creare il progetto preliminare della Costituzione del 1980).Il fatto, ora, è che Kast e i repubblicani  che hanno sempre mirato a delegittimare l’intero processo sono oggi i responsabili di quel medesimo processo.Resta da vedere come si risolverà questo paradosso e se dovranno pagare qualche costo per questa paradossale responsabilità.

Questo significa che la prossima Costituzione del Cile sarà uguale o più conservatrice di quella attuale?

Direi di sì, molto probabilmente.

Resta da vedere se ci sarà un qualche tipo di apertura, ma lo vedo improbabile data la composizione dell’organo costituente. Qui la chiave sarà nel plebiscito finale: il 17 dicembre si vedrà se la gente approverà una nuova Costituzione uguale o più neoliberale di quella di Pinochet, o la respingerà e le cose rimangono così come sono. Il modo in cui il Cile ha deciso di uscire dalla crisi con una nuova costituzione è stato visto come esemplare dall’esterno.

La riforma costituzionale è diventata una pietra miliare per i cambiamenti che si cercavano, come limitare l’attuale modello di libero mercato o dare un ruolo più importante allo Stato nella riduzione delle disuguaglianze?

Non si è mai parlato di limitare il libero mercato. Ciò che era in questione era lo Stato sussidiario, che è un sistema che impedisce certe politiche pubbliche redistributive come esistono in paesi con libero mercato come la Germania o il Regno Unito. In Cile con la Costituzione del 1980 fino ad oggi è incostituzionale stabilire un sistema sanitario nazionale come esiste nel Regno Unito. Non direi che il progetto era anti-mercato. Era un progetto socialdemocratico che aveva alcuni elementi più riformisti di quanto la società si aspettasse, in termini soprattutto di progressi in plurinazionalità e riconoscimento dei popoli originari, o in temi di diritto sessuale e riproduttivo.

Il fatto che in queste elezioni repubblicane abbia ottenuto questa impressionante quantità di voti non smentisce che l’80% ha detto di volere una nuova Costituzione. Sono momenti politici, elettorali, congiunture che hanno a che fare con fattori super complessi. Forse c’è stata un’interpretazione eccessiva del mandato della precedente convenzione costituzionale e sarebbe un errore dare un’interpretazione eccessiva di segno opposto a questo risultato elettorale.

La domanda era se l’uscita che il Cile ha cercato oggi alla sua crisi sia diventata un ostacolo ai cambiamenti che si cercano…

Per il governo è stato un problema. Ma il cambiamento costituzionale attraverso elezioni democratiche era la giusta via d’uscita. Ci sono fattori che non hanno funzionato bene, mancanza di dialogo. Ci sono stati massimismi a sinistra e oggi credo che vedremo qualcosa di simile da destra. Il cambiamento costituzionale è, a mio avviso, una condizione necessaria per la piena democratizzazione del paese….

Leggi l’intera intervista, in spagnolo, in BBC World

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