“So much for a complete and total exhoneration”, alla faccia d’una esonerazione completa e totale. Così comincia l’editoriale pubblicato dal New York Times nell’edizione del giornale pubblicata a poche ore dalla presentazione delle 448 pagine (pur ampiamente censurate dal Department of Justice) del rapporto Mueller su cosiddetto “Russiagate”. Le stesse 448 pagine che, un paio di settimane fa il da poco nominato (da Trump) Attorney General aveva riassunto in una lettera al Congresso che oggi appare un alquanto grossolano tentativo di distorcere la verità. Nonostante le molte parti cancellate, infatti, il rapporto non solo è ben lungi dall’esonerare Donald Trump, ma dipinge un devastante ritratto dell’indole menzognera ed essenzialmente amorale dell’attuale inquilino della Casa Bianca. In quella che è una classica e molto striminzita “assoluzione per insufficienza di prove”, Mueller libera il presidente dall’accusa di aver cospirato – in modo tacito o palese – con la Russia di Putin con lo scopo di alterare il corso delle elezioni presidenziali del 2016, ma elenca uno dopo l’altro ben dieci casi di possibili casi di “ostruzione della giustizia”. Ovvero: dieci tentativi di ostacolare le indagini sul Russiagate, perlopiù non andati in porto solo perché funzionari del governo si sono rifiutati di eseguire ordini che rappresentavano ovvie violazioni della legge.
Con una scelta da molti giudicata pilatesca, Mueller non si assume la responsabilità di imputare il presidente – anche perché, a suo dire, i limiti impostigli dal DOJ glielo impedivano – ma lascia alle autorità costituzionalmente competenti (evidentemente il Congresso e non l’Attorney General) il compito di prendere decisioni in merito.
Come ha scritto sul Washington Post il columnist E.J. Dionne in questo commento, il rapporto Mueller non rappresenta la fine, ma l’inizio del Russiagate….Leggi tutto….