No menu items!
15.7 C
Buenos Aires
Saturday, December 21, 2024
HomeAmerica CentraleNon di solo Bukele...

Non di solo Bukele…

Nayib Bukele, il sempre più eclatante – ed inquietante – presidente del Salvador, sembra diventato, almeno in materia di sicurezza e lotta al crimine, il nuovo Figaro dell’America Latina. Tutti lo chiamano, tutti lo vogliono. E tutti sembrano convinti che i suoi metodi di lotta contro le bande criminali che fino a ieri infestavano la vita di El Salvador, sia ormai l’unica strada per risolvere un problema che, in maggior o minor misura, affligge tutti i paesi della regione. Ma davvero non esistono alternative? Davvero non è possibile combattere la criminalità e garantire alla popolazione standard minimi di sicurezza senza massicciamente violare, all’ombra d’un ennesimo e sempre più sinistro caudillo, diritti umani e stato di diritto? Questo articolo pubblicato da Americas Quarterly prova a rispondere a questa domanda analizzando due casi – quello del Guatemala e quello della città di São Paulo in Brasile – che sembrano contraddire i presupposti d’una generalizzata “bukelizzazione” della lotta al crimine.


È difficile, oggi, affrontare il problema della sicurezza pubblica in America Latina senza parlare di El Salvador e del suo presidente, Nayib Bukele. In una regione dove le preoccupazioni per la criminalità sono alte ed il crimine organizzato va espandendo il suo potere in molti luoghi, il Salvador si distingue. Sotto la supervisione di Bukele, i tassi di omicidi ed estorsioni del paese sono crollati, e interi quartieri, un tempo dominati da bande armate, sono ora luoghi dove i cittadini possono camminare indisturbati

Questi risultati sono però arrivati a un costo terrificante: decine di migliaia di persone imprigionate senza il giusto processo, uno stato di emergenza diventato normalità e una forte concentrazione  del potere garantita dall’inesistenza di controlli e contrappesi. Pochi si soffermano a chiedersi se i successi nella lotta contro la criminalità siano sostenibili, e se valgano il prezzo pagato in materia di democrazia e libertà civili. Il Salvador non è l’unico caso che racconta come, quando sono costretti a vivere nella paura, i cittadini latinoamericani siano sempre più disposti a sacrificare i diritti in cambio della sicurezza. La percentuale di persone nella nostra regione disposte ad accettare un governo non democratico a patto che risolva i loro problemi di sicurezza è aumentata dal 46% nel 2016 al 51% nel 2023, secondo il Latinobarometro.

Mentre i politici della regione vanno promettendo politiche di mano dura stile Bukele, vale la pena chiedersi: c’è un’alternativa praticabile per l’America Latina oggi? La sicurezza pubblica può essere migliorata senza un costo enorme per i diritti individuali?

Progressi del Guatemala

Il Guatemala era tra i paesi più violenti della regione all’inizio del 2010, ma da allora ha visto una progressiva riduzione della violenza letale. Mentre nel 2009 il tasso di omicidi era 45,6 per 100.000, ha raggiunto un minimo storico di 16,7 nel 2023-anche se molti problemi, come la violenza contro le donne e il traffico di droga, rimangono. 

Il paese ha raggiunto questo obiettivo attraverso il rafforzamento istituzionale, non solo migliorando la formazione delle forze di polizia e la loro dotazione di adeguati mezzi, ma anche sostituendo l’approccio caso per caso prima adottato dai pubblici ministeri con indagini mirate alle strutture criminali. In parallelo, il governo ha attuato un programma sociale chiamato “scuole aperte”, estendendo l’orario dopo la scuola e permettendo ai giovani di trascorrere del tempo in un ambiente sicuro, limitando la loro esposizione alle organizzazioni criminali.

La polizia e i procuratori guatemaltechi hanno continuato a indagare strategicamente sugli omicidi nonostante le divisioni politiche del paese, lo smantellamento dell’Ufficio della Procura Speciale contro l’impunità (FECI), e la persecuzione di funzionari della giustizia che hanno indagato su crimini politicamente sensibili, molti dei quali sono stati perseguitati o costretti all’esilio.

Il caso di San Paolo

San Paolo, la più grande città del Sud America, aveva raggiunto un picco di 52,2 omicidi per 100.000 abitanti nel 2000. Tale tasso è sceso a 6,1 nel 2018 ed è rimasto stabile nel tempo, con un tasso 2023 di 7,8. La maggior parte dei cambiamenti di politica pubblica per migliorare la sicurezza e ridurre gli omicidi è iniziata nel 1995 e ha continuato attraverso due governi successivi dal Partito della Socialdemocrazia del Brasile (PSD).

Un fattore chiave è stato il dipartimento di polizia civile responsabile delle indagini sugli omicidi in cui l’autore era sconosciuto. Nel 2001, un piano per indagare sugli omicidi commessi da recidivi ha visto, nel 2005,  il numero di assassini incarcerati moltiplicarsi per sette con un 65% di casi chiusi con l’individuazione e la condanna dei resposabili. Nello stesso tempo, l’unità responsabile degli omicidi di massa e degli omicidi multipli ha raggiunto, nel 2003 un tasso  del 95% di casi risilti. Le autorità hanno investito in sistemi informativi per seguire gli omicidi. Ciò ha permesso loro di allocare meglio risorse e personale. Con circa il 67% degli omicidi commessi con armi da fuoco, altre misure si sono concentrate sulla confisca e la distruzione di queste armi. Vale però la pena notare che mentre gli omicidi sono diminuiti, la letalità della polizia rimane una preoccupazione.

Le autorità hanno anche attuato programmi sociali e comunitari, come il “Giovane apprendista”, che a partire dal 2000 ha organizzato corsi di formazione per i giovani di età compresa tra 14 e 17 anni provenienti da ambienti vulnerabili. Il tutto per prepararli al mercato del lavoro ed assegnargli un lavoro retribuito per applicare le loro competenze. Un modello di polizia comunitaria, in cui gli agenti sono stati incaricati di collaborare con gruppi comunitari e organizzazioni non governative per diagnosticare e affrontare i problemi legati alla sicurezza, è iniziato nel 1997.

La traiettoria di Bogotà

Nel 2022, la città di Bogotá aveva raggiunto un tasso di omicidi pari a 12,8 per 100.000 abitanti,  il più basso dal 1984. (Anche se questo progresso potrebbe essere in calo: nel 2023, il tasso di omicidi è salito del 5,3%.)

Il modello “Mockus e Peñalosa”, che prende il nome dagli ex sindaci, attuato tra il 1995 e il 2003, si è concentrato sui programmi di sensibilizzazione al consumo di alcol e sulle misure di controllo delle armi da fuoco. Ha anche incluso l’assistenza sociale per le popolazioni sfollate e i giovani tossicodipendenti, così come la riabilitazione delle aree degradate, seguendo la “teoria delle finestre rotte” che indica spazi con segni visibili di negligenza possono incitare al comportamento criminale. Le autorità hanno adottato riforme istituzionali, monitorando e valutando la condotta della polizia e investendo risorse significative per rinnovare i mezzi di trasporto e comunicazione della polizia.

Una migliore alternativa per la regione

Le politiche attuate in questi settori non sono perfette. Per esempio, una significativa lacuna nelle strategie sia di San Paolo che di Bogotà è che non si rivolgono necessariamente ai crimini perpetrati dalla criminalità organizzata, una preoccupazione crescente nella regione, o con armi da fuoco ottenute illegalmente. Questi provvedimenti mostrano però una strada nella giusta direzione, verso un’efficace politica di sicurezza fondata sullo stato di diritto. I due ingredienti cruciali a questo riguardo sono una politica di applicazione della legge penale efficace con un giusto processo per indagare e perseguire coloro che commettono crimini, insieme ad una politica di prevenzione sociale per affrontare le condizioni che spingono gli individui, specialmente i giovani, verso la delinquenza. Questo approccio combinato deve trascendere la polarizzazione basata sull’ideologia articolando politiche punitive tipicamente promosse dalla destra e politiche sociali solitamente proposte dalla sinistra.

Data la complessità di affrontare le cause strutturali della criminalità, è necessario elaborare politiche di sicurezza durature, che richiedono essenzialmente un certo livello di consenso tra i vari attori politici. Data la portata transnazionale della criminalità organizzata, anche il coordinamento e la cooperazione regionali sono essenziali.

Anche una politica di comunicazione strategica e la sensibilità alle principali preoccupazioni della popolazione sono essenziali. La narrazione è modellata da chi agisce per primo, e attualmente, che è fautore di mano dura. Una strategia alternativa deve raggiungere un pubblico più ampio e diversificato, in particolare i giovani. Ciò richiede l’impiego di nuovi formati, contenuti, piattaforme e un linguaggio diverso, che si rivolga alle emozioni piuttosto che ai dati concreti.

La regione ha bisogno di un leader democratico disposto ad affrontare questa sfida. Chi riuscirà a vincere potrà affrontare una preoccupazione primaria, il diritto alla sicurezza della popolazione e l’obbligo dello stato di garantirla, e contribuire a frenare la regressione democratica dimostrando che, per cambiare le cose, la democrazia può dare risultati.

La risposta è un sì provvisorio. Nessun modello è perfetto o automaticamente replicabile, ma in Guatemala, San Paolo e Bogotà, una combinazione di indagini efficaci e punizioni con politiche sociali volte all’inclusione sociale ha portato risultati tangibili senza compromettere lo stato di diritto. Vale la pena di esaminare questi esempi per vedere come sono stati raggiunti i risultati.

Clicca qui per leggere, in inglese, l’articolo originale in Americas Quarterly

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.

Most Popular

Recent Comments

Sandro Berticelli on Maduro, una catastrofica vittoria
pedro navaja on Benaltrista sarà lei…
Corrado on Cielito lindo…
Corrado on Tropico del cancro
Corrado on Evo dixit
Corrado on L’erede
Alligator on Aspettando Hugodot
A. Ventura on Yoani, la balena bianca
matrix on Chávez vobiscum
ashamedof on Chávez vobiscum
stefano stern on Chávez e il “maiale”
Antonio Moscatelli on Gennaro Carotenuto, cavallinologo
pedro navaja on La strada della perdizione
pedro navaja on Benaltrista sarà lei…
pedro navaja on Benaltrista sarà lei…
pedro navaja on Benaltrista sarà lei…
Alessandra on Benaltrista sarà lei…
Alessandra on Benaltrista sarà lei…
Arturo Sania on Benaltrista sarà lei…
A.Strasser on Benaltrista sarà lei…
Alessandra on Benaltrista sarà lei…
A.Strasser on Benaltrista sarà lei…
Arturo Sania on Benaltrista sarà lei…
giuilio on Maracanazo 2.0