L’Intelligenza Artificiale è, notoriamente, veloce, Anzi, velocissima. Velocissima e precisa. Ma può, a volte, risultare meno veloce della cronaca (o, verrebbe da dire, della vita reale). Se ambiguamente interpellata, la IA può, infatti, ignorare la cronaca e perdersi in un passato più o meno remoto, nella maggioranza dei casi fornendo risposte totalmente sconnesse, o per contro regalando, in più eccezionali circostanze, opinioni che paradossalmente – proprio perché viaggiano al di sopra, o al di sotto della cronaca – finiscono per illuminare di verità il presente originalmente trascurato.
E giusto questo è quel che di fatto è accaduto a chi scrive quando, un paio di settimane fa ha chiesto – prima a ChatGPT e poi, nell’ordine, a Gemini, Copilot e alla cinese DeepSeek – chi tra gli attuali membri del governo Trump più avesse contribuito alla stesura di quello che, diventato legge quattro giorni fa, è stato dall’attuale presidente Usa battezzato (ufficialmente battezzato, non si tratta d’un “nickname” ad uso dei media) “The One Big Beautiful Bill Act” (OBBBA), il progetto di legge “Unico, Grande e Bello”.

Dopo non più d’una quindicina di secondi, scanditi da un lampeggiante “thinking…”, sto elaborando, questo è quanto tutti e quattro i cervelloni hanno infine, con pochissime ed insignificanti varianti, sostanzialmente risposto. Negli archivi, hanno all’unisono affermato, non è reperibile traccia alcuna d’una legge con tale denominazione. Ed il suo titolo – per l’appunto “The One Big Beautiful Bill Act” – lascia per sua natura intendere che sia trattato, o che ancora si tratti, di un’invenzione con scopi satirici. Tesi questa seguita – ancora una volta in sostanziale concordanza – da un elenco dei possibili autori d’una tanto palese presa per i fondelli: tutti famosi “stand-up comedians”, comici di grido che, spesso da molti anni animano i più notturni tra i programmi delle grandi reti televisive: Jon Stewart, Stephen Colbert, Jimmy Kimmel. O – opinione questa avanzata esclusivamente da Gemini – Lome Michaels, storico sceneggiatore-regista di Saturday Night Live, la trasmissione che dagli anni ’70, su NBC, ogni sabato notte mette alla berlina il mondo della politica.
Non secondario dettaglio: a testimonianza di quanto più avanti siano oggi i cinesi, non tanto in materia di IA quanto, soprattutto, di coscienza del ridicolo che avanza – solo DeepSeek citava, tra i possibili colpevoli, anche quelli di alcuni (passati o presenti) effettivi membri del governo Trump: Larry Kudlow (già direttore del National Economica Trump tra il 2017 e il 2019), Peter Navarro (riconosciuta “mente” della politica doganale di Trump), Jared Kushner (cognato di Trump e, durante il passato mandato, una sorta di factotum governativo) e, last but not least, Russ Vought, (attuale direttore dell’Office of Management and Budget e riconosciuto co-autore del famigerato e molto fascisteggiante “Project 2025” elaborato per conto dell’ultra reazionaria Heritage Foundation”).
Una legge che è la satira di sé stessa
Morale della favola? Una e una soltanto. Passati al setaccio i dati a loro disposizione, ChatGPT e tutti gli altri servizi di Intelligenza Artificiale, informavano – probabilmente sghignazzando, anche se difficile è immaginare quali possano essere, nelle profondità degli enormi “data center” della IA, gli effetti sonori d’una risata – come a nessun governante serio potesse venir mai in mente d’assegnare un tanto pomposamente ridicolo titolo ad una legge da lui proposta.
Va da sé che, nuovamente interpellati poco prima della scrittura di questo articolo, tutti i cervelloni di cui sopra hanno, infine, preso atto della nuova realtà trumpiana, totalmente oscurando l’ipotesi “satirica” a suo tempo avanzata, e restituendo molto più consone risposte. Ma la profonda verità contenuta in quel primo sghignazzante giudizio rimane immutata. Quel titolo ridicolo era e ridicolo resta. E, nella sua ridicolaggine molto seriamente – o, quantomeno, molto compiutamente – torna a riflettere, come lo “specchio delle mie brame” della favola, le intenzioni e, ancor più, il carattere del suo promotore. Donald Trump ha fortemente voluto – e in qualche modo assemblato con l’aiuto di collaboratori-cortigiani – una legge che, a sua immagine e somiglianza, preannunciasse il suo messianico messaggio all’universo mondo. E, in quanto tale, non poteva che essere, quel messaggio, “unico, grande e bello”. Trumpianamente unico, grande e bello. Vale a dire: unicamente impresentabile, sfarzosamente fuori misura (quasi 1.000 pagine) esteticamente volgare, politicamente mediocre e moralmente paragonabile ad una rapina a mano armata ai danni di un mendicante.

Il tutto per finalmente riaffermare, per l’appunto, un’ormai consolidata verità. O, se si preferisce, una verità che – al di là dei destini del “One Big Beautiful Bill Act” – è ormai parte organica, strutturale del trumpismo, l’ultimo, permanente ed inevitabile approdo d’una inedita e particolarmente grottesca forma di culto della personalità. Come implicitamente segnalato due settimane fa dalla IA, Donald Trump, l’uomo da Dio inviato per “fare l’America di nuovo grande”, va sempre più identificandosi con la sua caricatura. In sostanza, come nel corso dei secoli è accaduto a quasi tutti gli “uomini forti” – o, volendo ripetere quello che di lui disse nel 2016 J.D Vance, oggi suo compunto e fedelissimo vicepresidente – Trump va sempre più chiaramente satirizzando se stesso, con narcisistica incoscienza e con l’inconscia passione di un “perfetto idiota” e di un “potenziale Hitler americano”
Questo è quel che ci diceva ieri e continua a dirci oggi il titolo di questa grande e bella legge. E non solo questo. Molte altre sono, infatti, le cose che ci racconta l’OBBBA, tanto nei suoi contenuti quanto attraverso il modo, trionfale e al tempo stesso apparentemente tormentato, con cui la mega-legge trumpianastata infine approvata dal Congresso. Se analizzato in termini puramente procedurali – laddove, però, la procedura, diventa sostanza politica – l’ “One Big Beautiful Bill Act” si presenta come un vero e proprio atto di pubblica sottomissione, una sorta di medioevale rito di vassallaggio che ha appieno riflesso l’ormai irreversibile trasfigurazione in culto di quello che fu il Partito Repubblicano.
Robin Hood all’incontrario
Un minimo di contesto, per meglio capire come in effetti siano andate le cose. Se analizzata a fondo, la mega-legge voluta da Trump più che mai appare, passata attraverso ie molto larghe maglie del Congresso, come un molto confuso miscuglio di vecchie e logore teorie neoliberali – il famoso “trickle dow” secondo il quale, dando ai ricchi, si provoca uno “sgocciolamento” di benessere anche a beneficio dei meno abbienti – e di farraginosi impulsi in chiave autoritario-populista. Il tutto in un quadro tanto grandioso nei propositi, quanto – contrariamente ai precedenti reaganiani degli anni ’80 – privo di un vero spessore strategico, delinea quello che da molti economisti è stato immediatamente definito “Robin Hood in reverse”, Robin Hood a marcia indietro. Ovvero: definisce – parole del Nobel per l’Economia Paul Krugman – “il più grande e pasticciato trasferimento di risorse, ai danni dei poveri ed a vantaggio dei ricchi, della Storia della Nazione”. Si tratta in sostanza – digerite le 970 pagine del testo, d’un minestrone ferocemente “classista”, disgustoso non solo per i palati “woke” dell’opposizione democratica, ma anche per una non piccola parte della maggioranza congressuale repubblicana, in parte allarmata per i vantaggi concessi alle “elite economiche” invise alla cultura MAGA, e in parte timorosa per le possibili conseguenze elettorali in quella “America profonda” che del trumpismo è, da sempre, la più solida riserva di voti. In prima fila in questa primordiale opposizione alla legge, i molto libertari membri del Freedom Caucus, scandalizzati soprattutto dalla prospettiva, segnalata a tutti i livelli, d’un esplosivo aumento del debito pubblico.

Venendo, molto sinteticamente, alle cifre. Stando a calcoli del Congressional Budget Office e di altri enti indipendenti, l’OBBBA è destinato a rigonfiare il debito pubblico di almeno 3mila miliardi di dollari, con inevitabili e, per alcuni, potenzialmente catastrofici effetti sui livelli dei tassi di interesse e, quel che è peggio (come in buona misura già preannunciato dal calo del valore del dollaro) sulla credibilità internazionale del sistema economico americano. E tutto questo non per far fronte, come impongono le (dai neoliberali) tanto disprezzate teorie keynesiane, ad una crisi economica, a una guerra, a una epidemia (vedi il recentissimo caso del Covid) o a qualche altra disastrosa emergenza, ma semplicemente per dare a chi ha togliendo a chi non ha. Grandi vittime di questo gigantesco sommovimento – gigantesco, ma destinato, come giustamente sottolinea The Economist, a lasciare sostanzialmente inalterata, nelle suoi strutturali squilibri e nelle sue ingiustizie, il sistema economico – il Medicaid (ovvero, il già di per sé assai magro sistema di assistenza sanitaria ai più poveri), i Food Stamp (gli sconti sussidiati, sempre a vantaggio dei meno abbienti, nell’acquisto di generi alimentari) e gli aiuti in forma di prestiti a bassi interessi, per gli studenti più bisognosi
“Make China Great Again”
Altra vittima designata, con fatali conseguenze sul piano strategico: la politica energetica, dalla grande e bella legge trumpiana trascinata all’indietro, in una quasi mistica venerazione del petrolio (“drill, baby drill”). E, in questo contesto, marcata dal drastico taglio di tutti i sussidi alla produzione di energie rinnovabili. Di fatto, un vero e proprio colpo di grazia a quello che, regnante Biden, venne definito “Green New Deal”. E questo – come giorni fa ha sottolineato Thomas Friedman in un editoriale pubblicato dal New York Times – a vantaggio della Cina, già oggi leader in questo campo strategicamente fondamentale, non solo per la salvaguardia dell’ambiente, ma anche per lo sviluppo della Intelligenza Artificiale. “How Trump’s Big Beautiful Bill Will Make China Great Again”, Come la Grande e Bella Legge di Trump fa di nuovo grande la Cina, era il sardonico titolo dell’articolo.
Era davvero grande e bello – trumpianamente grande e bello – quel che Trump proponeva all’America. Grande, bello e benedetto dall’uomo che Dio aveva inviato per far tornare grande l’America. Ma al suo apparire – e a dispetto di tanto luminose e ieratiche premesse – era stato accolto, anche in campo repubblicano, da alte grida d’orrore. “Una bancarotta morale e fiscale” lo aveva senza mezzi termini definito Keith Self, deputato repubblicano del Texas. E subito gli avevano fatto eco molti illustri membri del Freedom Caucus. Ralph Norman, deputato del South Carolina non aveva esitato ad usare l’aggettivo “ridicolo”, per bollare il OBBBA. Ed aveva drasticamente sentenziato, ancora una settimana fa, la sua “morte in partenza”. Lisa Murkowsky, senatrice repubblicana dell’Alaska, l’aveva chiamato – annunciando, in assenza di radicali modificazioni, un suo inamovibile “no” – “crudele” e “impresentabile”.

Votare per quella roba? Giammai! E, fino a mercoledì scorso, giammai era rimasto, per Self, Norman, Mukowsky, per almeno una quarantina di deputati repubblicani e per sette senatori. Cifre preoccupati se si considera che, dato per scontato il no di tutti i democratici, bastava il voto negativo di quattro deputati e di due senatori repubblicani per affossare definitivamente l’OBBBA. È però bastato, giovedì scorso, un richiamo all’ordine di Donald Trump – desideroso di firmare solennemente quella legge a sua immagine e somiglianza in occasione del 4 luglio, festa dell’Indipendenza – perché, con due sole eccezioni alla Camera e una al Senato, quella legge “ridicola”, “morta in partenza”, “crudele” e “impresentabile” venisse trionfalmente approvata in forma definitiva, prima dal Senato e quindi, con la formula della “riconciliazione”, nella House of Representatives. Il tutto tra grida e balli celebrativi – con il YMCA dei Village People a fare ancora una volta da sfondo musicale – mentre lungo i corridoi e attraverso le paludate aule di Capitol Hill andava spirando, da tutti percepibile, una leggera e piuttosto fetida brezza. Si trattava – come nelle sue cronache di giornata per Washington Post ha metaforicamente sottolineato il columnist Dana Milbank – dell’ultimo anelito, una sorta di definitivo rantolo, di quel che restava del partito di Abraham Lincoln.
Quaranta milioni di americani senza assistenza sanitaria
Il giorno dopo Trump quella legge grande e bella l’ha, come desiderava, firmata in una pubblica cerimonia. Ed ora all’America ed al mondo altro non resta che questo: attendere che l’OBBBA si dispieghi in tutta la sua grandezza e trumpiana bellezza. La bellezza e la grandezza di un deficit che esplode, spezzando gli equilibri dell’economia mondiale. La bellezza e la grandezza degli almeno 11 milioni di cittadini americani che grazie ai tagli al Medicaid, resteranno – aggiungendosi ai 27 milioni attuali – senza alcuna forma di assistenza sanitaria. La grandezza e la bellezza di dozzine di grotteschi dettagli – in quella legge c’è davvero di tutto e di più – reperibili tra le pieghe di quelle 970 ponderose pagine (quasi sette chili di carta stampata, ha calcolato un cronista). La più bella e grande di queste perle nascoste? Probabilmente quella che prevede forti benefici fiscali – eccellente idea in un paese che vanta uno dei peggiori record in materia di omicidi con armi da fuoco – per che produce o acquista silenziatori per pistole o fucili. La bellezza e la grandezza della industriale quantità del cosiddetto “pork”, il grasso clientelare, le briciole gettato in pasto, in forma di localissimi e costosi benefici ai deputati più recalcitrati (il tutto, ovviamente, con il finale risultato d’un ulteriore aumento del deficit pubblico). E, infine, la grandezza e la bellezza dei campi di concentramento e delle deportazioni.

Una delle più grandi e belle parti di questa grande e bella legge è, infatti, quella che prevede esponenziali aumenti per l’ICE (Immigration and Custom Enforcement) la polizia di frontiera che va, di questi tempi, rastrellando in stile Gestapo, con agenti mascherati, ogni anfratto del paese – ristoranti, campagne, fabbriche, grandi magazzini – dove s’annidano i muratori, gli imbianchini, i manovali, i giardinieri ed i braccianti che, per quattro soldi, fanno funzionare l’economia del paese. Il vicepresidente J.D. Vance – sí, sempre lui, quello che aveva suo tempo definito Trump un “perfetto idiota” e un “potenziale Hitler Americano” – è stato a questo proposito molto chiaro: non c’è deficit che tenga laddove si tratta di ripulire le città e le campagne d’America da una “invasione nemica” – quella, per l’appunto, dei muratori, manovali etc. – che “minaccia la sicurezza nazionale”. E solo qualche ora prima della definitiva approvazione dell’OBBBA, lo stesso Donald Trump aveva inaugurato in pompa magna nel bel mezzo delle paludi degli Everglades in Florida, quello che la fervida fantasia di Stephen Miller – grande teorico della sua politica anti-immigrazione – ha battezzato “the alligator Alcatgraz”.
Mano libera alla nuova Gestapo
L’ICE godrà, d’ora in poi, grazie all’OBBBA, d’un bilancio considerevolmente superiore a quello del FBI. Tanti, tantissimi soldi e pochi, pochissimi controlli. Come si conviene ad una agenzia chiamata – come Miller sostiene e come Trump va ripetendo in ogni pubblica apparizione – a purificare una nazione aggredita.
Donald Trump ha, in fondo, perfettamente ragione: l’America non aveva mai visto prima nulla di tanto grande e di tanto bello. Grande come la crisi fiscale che si preannuncia. Bello come le morti per mancanza di assistenza sanitaria – più di centomila secondo calcoli approssimativi riportati ieri, in un editoriale sul New York Times, dall’economista Larry Summers – provocate dai tagli al Medicaid. Bello come un lager nel cuore di un acquitrino infestato da alligatori, pitoni e zanzare. O come lo stato di polizia che, come un cancro, sta crescendo, giorno dopo giorno, nel ventre della più antica democrazia del mondo.

