No menu items!
24 C
Buenos Aires
Thursday, November 21, 2024
HomeCaribeCubaFidel: lassù qualcuno mi ama

Fidel: lassù qualcuno mi ama

 

13 ottobre 2006

di Massimo Cavallini

George W. Bush vanta, notoriamente, un rapporto assai stretto (e, quel che più conta, diretto) con il Padreterno. Tanto stretto e diretto, in effetti, che, altrettanto notoriamente, proprio a Lui (al Padreterno) il presidente Usa ha reiteratamente fatto risalire l’originale “input” di alcune tra le più controverse iniziative politiche da lui (Bush) lanciate nel corso del suo duplice mandato. Prima fra tutte, ovviamente: la guerra in Iraq, da lui (sempre Bush) decisa solo dopo aver consultato “un Padre che sta ben più in alto” (per i deboli di memoria: Bush il Giovane così rispose ad un giornalista che gli domandò se, prima d’iniziare il conflitto, avesse chiesto l’opinione di Bush il Vecchio, il di lui padre biologico che, 12 anni innanzi, al termine della prima Guerra del Golfo, nel ’91, aveva, senza aver consultato divinità di sorta, rinunciato a marciare su Baghdad). Sicché non pochi sono stati coloro che, giovedì scorso, durante una cerimonia nel Naval War College di Newport, hanno all’istante attribuito un valore profetico all’ultimo dei riferimenti presidenziali al “Buon Dio”. “Un giorno – aveva detto George W. Bush rispondendo alla domanda di un cadetto colombiano – il Buon Dio si porterà via Fidel Castro (One day, the good Lord will take Fidel Castro away)”.

Interrogato dai cronisti presenti, subito dopo la cerimonia, uno dei portavoce presidenziali, Gordon Johndroe – piuttosto seccato da domande di cui intuiva il contenuto sardonico – aveva immediatamente spento gli entusiasmi di quanti avevano colto, nelle parole del presidente, il riflesso d’un nuovo e diretto contatto con il Creatore. Ed aveva bruscamente sottolineato come, nel prevedere il prossimo passaggio a miglior vita di Fidel Castro, George W. Bush altro non avesse fatto, in realtà, che “constatare l’inevitabile”. Non una profezia (né un personale auspicio, a dispetto delle apparenze) erano dunque le parole pronunciate da Bush, ma soltanto la più trita e ritrita tra le molte “platitudes”, o luoghi comuni che riguardano l’ineluttabilità della morte. Insomma: null’altro che una banalità tanto antica, quanto superficiale. E tuttavia egualmente interessante – una volta costatata la natura non solo terrena, ma decisamente terra-terra della risposta di Bush – è seguire il ragionamento del presidente. Il quale, giovedì scorso, così aveva proseguito nel suo argomentare: “E a questo punto (ovvero: quando, ineluttabilmente, il Buon Dio si sia portato via Fidel n.d.r.) la domanda è: quale sarà l’approccio del governo degli Stati Uniti?”. Risposta: “La mia opinione è: dobbiamo usare questa opportunità per chiamare a raccolta il mondo per promuovere la democrazia come alternativa alla forma di governo nella quale vivono (i cubani n.d.r.)”. Parole che, come si vede, per quanto non propriamente geniali o, in alcun modo, originali, appaiono, tutto sommato, quasi sagge. O, comunque, molto più sagge dei suggerimenti che, quattro anni fa, direttamente provenienti da quello che Bush sembra convinto esser stato l’Alto dei Cieli, avevano spinto il presidente ad invadere l’Iraq. Dal che si deduce che quel già da tempo era a tutti chiaro. Vale a dire: che meno Bush il Giovane parla (crede di parlare o fa credere di parlare) direttamente con Dio, meglio è per i destini del mondo.

Ma ancor più interessante è stata, dall’altro lato dello stretto della Florida, la reazione di Fidel. Ovvero: d’un uomo che con Dio non parla, ma soltanto perché, essendo convinto d’essere Dio lui stesso, non ama indugiare in alcun tipo di soliloquio. Presa immediatamente carta e penna – cosa che negli ultimi due mesi di convalescenza il comandante en jefe ha ormai fatto almeno una quindicina di volte (vedi qui l’intero elenco dei suoi editoriali sul Granma), Fidel ha il giorno stesso risposto (clicca qui) a considerazioni che per lui – da alcuni editoriali impegnato a denunciare i tentatavi d’omicidio da Bush contro di lui perpetrati – cadevano come il proverbiale cacio sui maccheroni. O meglio: che – volendo restare nelle metafore gastronomiche – gli consentivano di ribaltare con ovvia e leggiadra ironia, le considerazioni del presidente Usa. “Adesso capisco – scrive Fidel dopo aver puntigliosamente ricostruito, citando agenzie della Reuters e della EFE, quel ch’era accaduto all’Accademia navale di Newport – perché sono sopravvissuto ai piani di Bush e dei presidenti che ordinarono d’uccidermi: il Buon Dio mi ha protetto”. E – lascia intendere piuttosto chiaramente il líder máximo – continuerà proteggermi quanto basta perché io sopravviva (politicamente, se non biologicamente) anche a Bush il Giovane, il decimo tra i presidenti Usa consumatisi nell’attesa che il Buon Dio – in almeno una sessantina di casi aiutato da agenti della Cia – si “portasse via” il carismatico capo della rivoluzione cubana.

Probabilmente non si tratta, in quest’ultimo caso, che d’una battuta, d’uno sberleffo –l’ennesimo, meritatissimo e puntuale – nei confronti del Golia nella cui immutata e spesso goffa prepotenza, ancor oggi, il David cubano può misurare le residuali ragioni del suo (ormai assai sbiadito) mito. Ma di questo scambio di opinioni sulle intenzioni e le preferenze del Buon Dio si può in effetti dare anche un’altra e più speranzosa interpretazione. In fondo, ci troviamo di fonte a due leader che – in modo diverso ma interconnesso – offrono di sé un’immagine inedita. Il primo (Bush), citando il Padreterno senza pretendere d’aver avuto con Lui, in precedenza, un colloquio privato. Il secondo (Fidel) implicitamente ammettendo che un qualche merito – nel caso specifico quello della sua sopravvivenza – sia attribuibile ad un’entità a lui, non solo superiore, ma superiore al punto da garantirgli “protezione”. Non era mai successo prima. E sebbene occorra davvero un grande sforzo di fantasioso ottimismo per intravvedere in questo velenoso scambio verbale i prodromi d’un qualche cambiamento nelle relazioni, non solo tra il Padreterno ed i due capi di stato, ma tra i due paesi, vale la forse pena provare a crederlo. La speranza, recita un abusatissimo proverbio, non costa nulla. E le vie del Buon Dio sono, dopotutto, notoriamente infinite.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.

Most Popular

Recent Comments

Sandro Berticelli on Maduro, una catastrofica vittoria
pedro navaja on Benaltrista sarà lei…
Corrado on Cielito lindo…
Corrado on Tropico del cancro
Corrado on Evo dixit
Corrado on L’erede
Alligator on Aspettando Hugodot
A. Ventura on Yoani, la balena bianca
matrix on Chávez vobiscum
ashamedof on Chávez vobiscum
stefano stern on Chávez e il “maiale”
Antonio Moscatelli on Gennaro Carotenuto, cavallinologo
pedro navaja on La strada della perdizione
pedro navaja on Benaltrista sarà lei…
pedro navaja on Benaltrista sarà lei…
pedro navaja on Benaltrista sarà lei…
Alessandra on Benaltrista sarà lei…
Alessandra on Benaltrista sarà lei…
Arturo Sania on Benaltrista sarà lei…
A.Strasser on Benaltrista sarà lei…
Alessandra on Benaltrista sarà lei…
A.Strasser on Benaltrista sarà lei…
Arturo Sania on Benaltrista sarà lei…
giuilio on Maracanazo 2.0