Una sera Rodrigo entrò in camera mia e mi disse: «Sia chiaro che in questa casa non potrai portare fidanzati neri». Ero all’inizio di quello che sarebbe stato il mio anno cubano e lui era il mio padrone di casa. Per quello che ne sapevo la sconfitta del razzismo era una conquista della rivoluzione e Rodrigo era un orgoglioso rivoluzionario. Come giustificava quel divieto? Mi ci volle qualche mese per capire che sull’isola le discriminazioni razziali erano del tutto indipendenti dalle convinzioni politiche. E anche se non arrivai mai ad accettare con disinvoltura le battute sui neri – gli afrodiscendenti che rappresentano almeno il 9 per cento della popolazione, a cui si aggiunge un 26 per cento di mulatti o meticci – finii per considerarle un elemento del paesaggio…..
Così comincia il reportage che, pubblicato da “Il Post”, Gabriella Saba ha dedicato al razzismo in America Latina. Una malattia antica sopravvissuta, dalla Cuba comunista al Cile dei Chicago Boys neoliberali, ad ogni sommovimento politico. Clicca qui per leggere l’intero articolo su “Il Post”.

