La Corte Suprema Argentina non è mai stata famosa né per la sua indipendenza, né, conseguentemente, per il prestigio di cui godeva nel Paese. Ma le più recenti vicende, marcate dalle improvvise dimissioni del giudice Higthon de Nolasco, hanno sovrapposto a questa non proprio edificante tradizione, livelli di divisione e litigiosità interna raramente raggiunti in precedenza. Ecco quel che scrivono in proposito su El País di Madrid, Federico Rivas Medina e Mar Centenera:
L’Argentina ha un problema con la sua Corte Suprema. Il più alto tribunale del paese ed alto comando di uno dei tre poteri dello Stato, insieme all’esecutivo e al legislativo, è prigioniero delle dispute fratricide dei suoi membri, di una fratricida cambio della sua presidenza e d’una rinuncia imprevista che l’ha lasciata con solo quattro dei suoi cinque membri. La Corte ha alle sue spalle decenni di discredito. Dalla “maggioranza automatica” degli anni Novanta, quando i fallimenti furono redatti a piacimento del governo di allora, passò attraverso una riforma auspicata durante il kirchnerismo all’inizio del 2000; ma il frastuono politico ne ha vieppiù appesantito la reputazione.
La composizione della Corte è un tema di estrema sensibilità in Argentina, perché lì finiscono, prima o poi, i casi di corruzione di alti funzionari e di politici d’ogni sorta. Per questo tutti – funzionari e politici – valutano con molta attenzione quel che accade al suo interno. Il 23 settembre scorso, la Corte è stata teatro di una successione affrettata ed insolita alla presidenza. Quel giorno, il giudice Orazio Rosatti ha sostituito Carlos Rosenkrantz grazie a tre voti: quello del suo predecessore, quello di un altro giudice – Juan Carlos Maqueda, e il suo proprio. Gli altri due giudici che compongono il tribunale, Ricardo Lorenzetti ed Elena Higthon de Nolasco, hanno segnalato il loro disaccordo astenendosi dal voto. La crisi di successione non era ancora stata risolta quando Higthon di Nolasco si è dimesso senza preavviso, lasciando la Corte con quattro membri. Il caso dell’unica donna della corte era particolare: aveva superato i 75 anni che la Costituzione poneva come limite i supremi e si manteneva al suo posto grazie ad un congedo speciale.
Quando Highton de Nolasco ha fatto le valigie, il quotidiano Clarín, il più grande tiratore d’Argentina, ha rilevato in prima pagina come il governo avesse perso “il suo unico voto in Corte”. Al che il presidente, Alberto Fernández, si è con ironia chiesto di chi fossero i “quattro voti rimanenti” in un’istituzione che, si suppone, dovrebbe essere indipendente dalla politica. Lorenzetti, alleato di Highton de Nolasco e presidente della Corte tra il 2007 e il 2018, ha rilasciato una serie di interviste nelle quali non nascondeva l’entità della crisi: denunciando come la Corte prigioniera di “trascendidos internos”. Se è normale che i giudici “parlino per i loro errori”, notava Lorenzetti, le fughe dall’interno del tribunale stesso erano infatti “un problema che genera confusione” nella società. Lorenzetti non parlava solo per il gusto di farlo: due settimane fa ha cercato di riconquistare la presidenza che, secondo la sua lettura, gli è stata tolta tre anni fa dal governo di Mauricio Macri. Quando è stato chiaro che non avrebbe potuto bloccare Rosatti, semplicemente non ha votato……