È morto Ernesto Cardenal, grande poeta nicaraguense. Per lui parlano – e parleranno in eterno – le poesie che hanno accompagnato le sue battaglie politiche. Prima, partendo dalla paradisiaca isola di Solentiname, contro la sanguinosa dinastia dei Somoza. Poi come ministro dei governi sandinisti che di quella dittatura erano – o dovevano essere – l’antitesi. Ed infine contro l’attuale regime di Daniel Ortega. Ovvero: contro l’ultima e triste degenerazione, o meglio, contro il tradimento di quella, per tanti versi entusiasmante, stagione politica.
Anche in occasione della morte di Cardenal, il nuovo Somoza, Daniel Ortega, non ha perso occasione per dal prova della propria umana meschinità e della propria miseria politica. Prima decretando tre giorni di lutto nazionale e , poi, dando via libera a suoi sgherri perché ne profanassero le esequie al grido di “traditore”.
Alla morte di Ernesto Cardenal (ed alla miseria di Ortega), la poetessa nicaraguense ha dedicato questi versi:
El régimen de la nueva dictadura
Ordenó tres días de luto nacional
Tres días de bandera a media hasta
Para vós, Ernesto Cardenal
Ya muerto te perdonan la vida
Estarían dispuesto a concederte
Toda la órdenes y la condecoración del reino
A enflorar la calle al paso de tu cortejo fúnebre
La muerte de cualquiera de nosotros
Los que armados de palabras los avergonzamos
Y difundimos sus crímenes
Es para ellos ocasión para lucir magnánimos
Creen que muertos pueden enterrarnos
No se entaran que su homenaje
Sólo revela su mezquindad
De honrar a los muertos
Y condenar a los vivos.
Gioconda Belli, ovviamente, ha scritto questa poesia prima che le squadracce di Ortega profanassaro la cerimonia funebre nella cattedrale di Managua. In materia di mezquindad, Daniel Ortega riesce sempre a sorprendere – ed a sorprenderein peggio – anche coloro che più lo disprezzano.
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