In un articolo scritto per Salon, Matthew Rozsa, ricostruisce gli anni che, tra il 1922 ed il 1926, hanno consolidato la dittatura fascista in Italia. E trova più d’una inquietante analogia con quel che sta accadendo negli Stati Uniti d’America. Paragonare l’assalto al Congresso dello scorso 6 gennaio alla marcia su Roma sicuramente è una forzatura. Ma per nulla forzato è il fatto che, come la marcia su Roma, il 6 di gennaio è stato, come la marcia mussoliniana, soltanto un inizio. Ecco quel che scrive Matthew Rozsa:
Qualsiasi governo democratico che si trasfigura in dittatura vivrà, prima o poi, il suo “Mussolini’s moment”. Il Mussolini’s moment originale è arrivato 97 anni fa, questa settimana, quando il governo italiano, fino ad allora monarchia costituzionale con un parlamento democraticamente eletto – ha ufficialmente abbandonato ogni pretesa di democrazia.
Prima di allora, Benito Mussolini era stato Primo Ministro per tre anni, e la sua amministrazione di governo aveva fatto notevoli sforzi per convincere il mondo che le cose non erano così male come sembravano e che la democrazia italiana godeva di buona salute (così confermando la famosa massima Rochefoucauld secondo la quale “l’ipocrisia è un tributo che il vizio paga alla virtù”). Dopo l’ascesa al potere nel 1922, Mussolini fece relativamente poco all’inizio per disfare le istituzioni democratiche italiane. Voleva chiaramente rimodellare la società italiana in senso fascista, ma voleva anche procedere con cautela per evitare di sperperare il suo capitale politico. Dopo che il leader socialista italiano Giacomo Matteotti denunciò in Parlamento la violenza e la frode dai fascisti usata per vincere le elezioni generali del 1924, gli alleati di Mussolini conclusero tuttavia che era giunto il tempo di seppellire ogni parvenza di democrazia. Assassini legati a Mussolini trucidarono Matteotti, spingendo gli antifascisti a chiedere al re Vittorio Emanuele III la rimozione del primo ministro. Nel frattempo, i seguaci fascisti di Mussolini, noti come camice nere, posero il re di fronte ad un ultimatum: consegnare i pieni poteri a Mussolini il pieno potere, o assistere ad una presa violenta del potere – un potere dal quale sarebbe stato escluso – da parte delle foze paramilitari del fascismo.