Per la seconda volta, l’elettorato cileno ha detto “no” ad una nuova Costituzione destinata a rimpiazzare quella che – pur già ampiamente emendate nelle sue parti più apertamente “post-dittatoriali” – venne approvata nel 1980, all’ombra di Augusti Pinochet. E se la prima volta la nuova Carta Magna era stata ripudiata perché “troppo a sinistra”, questa volta lo è stata per ragioni diametralmente opposte. Ecco come, sulla rivista “Nueva Sociedad”, Noam Titelman spiega l’accaduto anilizzando il passato e cercando di intuire il più immediato futuro del Cile di Gabriel Boric.
Per la seconda volta, l’elettorato cileno ha respinto un testo costituzionale. Se nel 2022 il testo è stato respinto perché era «troppo a sinistra», questa volta lo è stato perché «troppo a destra». Non c’è bisogno di un mero «centrismo», ma c’è un clima da «que se vayan todos». Questo risultato sconvolge la casa di destra e colpisce con forza le ambizioni presidenziali del radicale José Antonio Kast, anche se non ordina la casa di sinistra.
Negli ultimi tempi, il Cile, che era visto come una strana e noiosa eccezione della politica latino-americana, è diventato oggetto di attenzione per l’intensità delle sue contese elettorali. Queste hanno confermato una mobilitazione sociale antipolitica senza quartiere. L’esito dell’ultimo referendum costituzionale di questo 17 dicembre conferma questa realtà. In questa consultazione, in cui, per la seconda volta in meno di due anni, l’elettorato cileno ha dovuto scegliere tra il pro e il contro del progetto costituzionale, il 55,7% ha votato per il rifiuto e il 44,2% per il sì.
Non c’è traccia, nella Storia, di un caso come questo, in cui un processo costituzionale sia finito in due consultazioni popolari con risultati negativi. Per molti versi, ciò che è accaduto in Cile è eccezionale, ma allo stesso tempo sembra dare qualche indizio sull’approfondimento di una tendenza politica regionale. Due momenti (e due immagini) permettono di sintetizzare questo processo.
Momento 1. Nel già lontano marzo 2021, il paese era impegnato nella campagna elettorale per eleggere i suoi rappresentanti alla Convenzione costituzionale, l’organo incaricato di redigere una proposta di nuova Magna Carta per sostituire quella redatta nel 1980 e parzialmente riformata durante la transizione democratica. Come stabilito dalla legge cilena, le diverse forze politiche avevano il diritto di comunicare i loro messaggi in uno spazio televisivo gratuito: la cosiddetta «fascia elettorale». Tra i molteplici candidati e spot televisivi, senza dubbio, ce n’è stato uno che ha rubato tutta l’attenzione. Si trattava di un messaggio sullo sfondo nero in cui celebrità e attori e attrici nazionali di spicco chiedevano di votare per una lista di candidati indipendenti: la cosiddetta Lista del Popolo. Il suo messaggio era perfettamente chiaro: «Senza imprese, senza triangolazioni, senza bugie, senza trappole, senza partiti politici (…) per salvare la nuova Costituzione dagli stessi di sempre. Quei partiti che hanno sequestrato la politica (…) hanno sequestrato la nostra felicità. Senti che nessuno ti rappresenta e che sono tutti venduti? Unisciti a noi questo 11 aprile per votare la Lista del Popolo».
Dopo le elezioni, questa lista ha avuto un risultato spettacolare che avrebbe segnato il primo processo costituente. Un processo con un grande protagonismo delle forze indipendenti di sinistra che finirebbe per produrre una proposta di Costituzione all’avanguardia in vari aspetti cruciali per il progressismo. Ma la proposta finì per essere respinta in modo schiacciante in un plebiscito poco più di un anno dopo, con solo il 38% di voti favorevoli (il passaggio dal voto facoltativo a quello obbligatorio sembra aver accentuato il risultato negativo).
Momento 2. Nel dicembre 2023 il Cile si trovava nuovamente in un processo elettorale. Questa volta è stata votata una proposta costituzionale redatta da un nuovo organo, eletto dopo il fallimento della Convenzione costituzionale originale. In questo secondo processo, un organo con chiare maggioranze della destra e dell’estrema destra aveva redatto un testo che era l’esatto opposto della proposta del 2022. Un testo massimalista e con diversi elementi programmatici fondamentali per la destra, come la costituzionalizzazione delle esenzioni fiscali, il ruolo predominante del mercato nella fornitura di beni e servizi pubblici, e una concezione conservatrice della patria e del patriottismo, tra molti altri.
A differenza del testo precedentemente respinto, i cui promotori confidavano fino all’ultimo momento nella sua approvazione, la nuova proposta conservatrice appariva in tutti i sondaggi a maggioranza respinta. Di fronte a questa realtà e temendo di subire la stessa sorte del primo processo costituente, il mondo di destra ha abbandonato una precoce strategia comunicativa incentrata sulla difesa del testo. In questo contesto, nel punto più scioccante della striscia appariva il seguente messaggio in voce di cittadini cileni, tra bandiere nazionali e immagini del paese in fiamme: «Coloro che hanno bruciato un intero paese per avere una nuova Costituzione ora vogliono lasciare quello che c’è. Vogliono mantenere tutto così com’è (…) Coloro che sono diventati famosi chiedendo un’istruzione di qualità per tutti sono ora al potere. E cosa hanno fatto? Coloro che credevano che il Cile sarebbe guarito dai fuochi nelle strade ora vogliono continuare con la Costituzione che c’è (…) Io voterò a favore. E che si fottano».
Il messaggio era abbellito dall’estetica della destra, ma aveva innegabili somiglianze con quella della Lista del Popolo: l’unità del popolo contro una politica che difendeva lo status quo. Il «vaffanculo» appariva come un’eco del messaggio della lista del popolo contro gli «stessi di sempre» che non volevano cambiare nulla, e dopo quello spot continuò ad essere utilizzato dalla destra. Due campagne condotte da spazi opposti dello spettro politico ma uniti da uno stesso mandato: il mandato di destituire «i politici»…….
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