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La strana storia di Trump e di Fauci, il grillo parlante

Il “grosso martello di legno” – quello che nella sempiterna favola di Collodi giaceva sul banco da falegname di mastro Geppetto – ancora non è stato tirato. E forse mai lo sarà, per timore allo scandalo. Ma la cupa minaccia che nel libro precede il lancio – “Bada grillaccio del malaugurio!…Se mi monta la bizza, guai a te!” – viene pressoché ogni giorno ripetuta, con crescente aggressività, dai “pinocchisti” di tutta America, subito riecheggiata via Twitter da un più che mai bizzoso Pinocchio.

E anche il designato bersaglio del grosso martello, il grillo parlante, ha fin qui – seppur con accenti molto più diplomatici e indiretti che nella vera storia del burattino – recitato la sua parte, dando, come da copione e senza sconti, della “testa di legno” a Pinocchio.

Tutti coloro che, in queste ultime settimane, hanno – sul tragico sfondo della pandemia – seguito le quotidiane esibizioni televisive di Donald Trump sicuramente già hanno capito. Il Pinocchio della storia è, per l’appunto, l’attuale presidente degli Stati Uniti d’America. E il grillo parlante è il dottor Antony Stephen Fauci, dal lontano 1984 direttore del National Institute of Allergies and Infectious Diseases. Ovvero: l’uomo al quale è toccato, conferenza stampa dopo conferenza stampa, intervista dopo intervista, fare da pacato ma implacabile contrappunto razional-scientifico alle caotiche fandonie e alle molto rissose panzane ogni giorno sparate, in materia di Covid-19, dal “commander in chief” della più poderosa nazione del pianeta.

Trump dice che in pochi giorni i casi di coronavirus saranno, negli Usa, “down to almost zero”, ridotti quasi a zero. E il dott. Fauci immediatamente chiosa le parole del gran capo con un serafico “il peggio ancora deve venire”. Trump annuncia l’arrivo d’una medicina – la famosa clorochina – in grado di curare il coronavirus. E il dott. Fauci subito rammenta come l’efficacia di tale medicina sia, allo stato delle cose, “soltanto aneddotica”.

US President Donald Trump and Anthony Fauci, director of the NIH National Institute of Allergy and Infectious Diseases attend a meeting at the National Institutes of Health in Bethesda, Maryland on March 3, 2020, following up on the COVID-19, coronavirus, outbreak. – The US Federal Reserve announced an emergency rate cut responding to the growing economic risk posed by the coronavirus epidemic after the UN health agency said the world has entered “uncharted territory” with the outbreak’s rapid spread. (Photo by Brendan Smialowski / AFP) (Photo by BRENDAN SMIALOWSKI/AFP via Getty Images)

Trump sostiene che, negli Usa, le capacità di realizzare test hanno ormai raggiunto e superato – ovviamente grazie a lui – il livello necessario per rimettere in moto, senza pericoli, tutte le attività economiche. E il dott. Fauci sottolinea, in una successiva intervista, come “I wouldn’t be over confident about that”, non ne sarei tanto sicuro. Un’affermazione che – moltiplicando il letterale significato delle parole per il tono di voce e per l’espressione del volto del dottore – può tranquillamente essere riassunta in un classico: balle!

Il grillo parlante dott. Fauci non era presente quando, giusto due giorni fa, Donald Trump ha suggerito nuove e rivoluzionarie terapie per sconfiggere il Covid-19: l’iniezione di disinfettanti – candeggina? – nei polmoni dei malati e bombardamenti di raggi ultravioletti. Ma, ci fosse stato, sicuramente avrebbe – come già in altre occasioni e senza alcun bisogno di parole – molto discretamente abbassato la testa coprendosi gli occhi. Al suo posto lo ha per l’occasione fatto la dottoressa Deborah Birx – coordinatrice della task force creata per combattere l’epidemia – nel cui sconsolato sguardo si è potuta leggere, per qualche secondo, in diretta televisiva, tutta l’angoscia d’un paese (il più grande paese del mondo) finito nelle mani d’un ciarlatano.

Trump e il dott. Fauci. Pinocchio e il grillo parlante. Ma fino a che punto regge la metafora collodiana? Come grillo parlante il dott. Fauci è, non v’è dubbio, quasi perfetto. Sapiente e minuto, è con le sue flemmatiche dissertazioni capace – nonostante un cognome che richiama i luciferini patti del dott. Faustus o, in alternativa, le mandibole e zanne d’un mostro preistorico – d’ispirare una sorta di naturale fiducia.

Molto più problematica si fa tuttavia la storia dal lato di Trump-Pinocchio. Il bambino-burattino della favola è, notoriamente, un gran bugiardo, ma non è in fondo che un monellaccio di buoni sentimenti, capace di pentirsi e di piangere sconsolato sulla tomba della fata Turchina, o al pensiero del triste destino al quale le sue malefatte hanno condannato il povero Geppetto. Non così Trump. E non solo perché nulla più del concetto di “pentimento” appare estraneo alla natura del presidente Usa.

Trump, come Pinocchio, mente. Ma mente in termini tanto sistematici e debordanti da andare al di là di qualsivoglia paragone. E, per intrinseco narcisismo, appare incapace di connettere, non solo con il dolore e la sofferenza altrui, ma con qualsivoglia entità che alberghi al di fuori della sua persona o dei suoi personalissimi interessi. La unica sofferenza della quale il presidente Usa ha fin qui – e in abbondanza – parlato nel corso dei suoi show è quella che a lui stesso infliggono le perfidie di media – le fake news, come lui le chiama – incapaci di comprendere la sua grandezza.

Più che Pinocchio, Trump è in effetti una sorta d’amalgama di tutti i veri “cattivi” del racconto di Collodi. Di Mangiafuoco, del peggior Lucignolo, del giudice e dell’imperatore di Acchiappacitrulli e, soprattutto, del gatto e della volpe. Non fu forse con gli zecchini d’oro carpiti ad ingenui investitori che, a spese di questi ultimi, Trump consumò le sue sei bancarotte?

Come finirà, dunque, la favola? Impossibile dirlo. Trump-Pinocchio ancora non ha lanciato il martello contro Fauci (ma l’ha fatto contro altri esperti che hanno avuto l’ardire di contraddirlo). E molto difficile è immaginare – al di là dei destini del grillo parlante – qualcosa che almeno assomigli a un “happy ending”. Com’è noto, l’originale versione di Pinocchio terminava in modo tragico. E Collodi fu, a furor di popolo, costretto a cambiar finale, resuscitando morti e trasformando, infine, il burattino in bambino.

Quella del Covid-19 non è però una favola. Gli americani (e il mondo) non potranno, stavolta, fare altrettanto.

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