Non v’è dubbio alcuno: quella che lo scrittore Abel Prieto Jiménez, fino a qualche mese fa Ministro della Cultura della Repubblica di Cuba, ha raccontato sabato scorso (clicca qui per la cronaca del Granma) è, in assoluto, la più bella barzelletta – la più esilarante ed anche, naturalmente, la più comicamente involontaria – mai diffusa in una terra (Cuba, per l’appunto) particolarmente fertile. O, più esattamente, in un paese nel quale la barzelletta è, per molte ragioni, diventata il primo sostento dell’arte di sopravvivere. Eccola: a Cuba – ha assicurato Prieto – non esiste “una sola barzelletta che alluda alla Rivoluzione, a delazioni, o a prigionieri di coscienza”. Perché a Cuba – ha aggiunto imperturbabile – “le barzellette mirano alla scarsezza di beni, o all’emigrazione, in forma benevola, comprensiva, senza rancore né bile…”. Leggi il resto nei diari di Ubre Blanca in “…a Cuba nel frattempo”