La furia di Javier Milei contro il giornalismo viene in ondate. Si attiva e si attenua, al ritmo dell’intensità dell’agenda politica. Prima dello scorso fine settimana è iniziata una delle sue più grandi scalate: solo tra venerdì e martedì pomeriggio ha pubblicato sui suoi social network quasi 200 messaggi con attacchi alla stampa, ha dedicato insulti e soprannomi offensivi a una ventina di professionisti, ha convalidato campagne di bullismo online e ha usato informazioni manipolate per screditare voci critiche.
Ha usato lo slogan “non odiamo abbastanza i giornalisti”. Dice che include nella lista il 90% e ha aggiunto un curioso riferimento alle 10 piaghe dell’Egitto, come se fosse un dio che amministra punizioni agli impuri.
“Sono i nemici della gente”, ha affermato in una lunga conversazione sullo streaming Neura, in cui ha trattato diversi giornalisti di “merda”, “corrotti”, “bugiardi”, “feccia umana”, “imbecilli”, “mandrilli”. Sulla sua rete X, gli attacchi alla stampa hanno riguardato più del 20% dei suoi messaggi negli ultimi cinque giorni.
La nuova offensiva coincide con la necessità di Milei di riprendere il centro dell’attenzione pubblica dopo due settimane in cui la cronaca è stata monopolizzata dall’arresto di Cristina Kirchner e dalla guerra in Medio Oriente.
Così comincia, su La Nación, un articolo che a firrma Paz Rodríguez Nieli e Martín Rodríguez Yebra, analizza l’origine e la natura dei volgarissimi attacchi che – ovvio preludio Javier Gerardo Milei, presidente libertario della Repubblica Argentina, ogni giorno riserva alla stampa.
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