Su Foreign Affairs, seguendo la traccia di un nuovo e fondamentale libro su Cuba – quello scritto da Ada Ferrer – Jon Lee Anderson, autore d’una delle più note biografie del Che Guevara, ripercorre la storia della rivoluzione castrista e si chiede quale, alla luce di questa storia, sia il futuro “post-Castro” che attende l’isola. Ecco quel che scrive:
Mentre ero in visita a Mosca poco tempo dopo il crollo sovietico, un anziano generale dell’Armata Rossa in pensione sospirò con nostalgia quando gli chiesi del suo periodo a Cuba durante la crisi dei missili cubani del 1962. “Kuba”, come lo chiamava lui, pesante sulla K, il resto della parola tirata fuori in una sorta di carezza, aveva tenuto un posto speciale nel cuore dei sovietici, ha detto. Il suo impegno per la rivoluzione era appassionato e coraggioso, e in cambio, i sovietici avevano dato tutto il possibile per aiutare a sostenere il paese, facendo di tutto per assicurarsi che gli isolani avessero tutto il necessario per sopravvivere. “Li abbiamo viziati”, ha detto, alzando le mani e ridacchiando con rabbia.
Cuba occupa un posto speciale nell’immaginazione dei suoi alleati e potenziali possessori. Negli ultimi cento anni, questi hanno incluso gli spagnoli e gli americani, così come i sovietici. Tutti riguardano Cuba con i ricordi bramosi di ex amanti-desiderio mescolato con la conoscenza del lato pratico dell’isola, il suo transactionalism.
Quasi fin dall’inizio della sua storia, Cuba è stata vista in questi termini, come una bellezza supina pronta ad essere sedotta e presa, i suoi frutti sfruttati. In una lettera al re di Spagna Ferdinando e alla regina Isabella nel 1492, Cristoforo Colombo scrisse liricamente del fascino dell’isola:
Leggete qui l’intero articolo, in inglese, su Foreign Affair….