Il Guatemala ha paura. Paura della violenza che si è impadronita delle sue strade. Paura delle organizzazioni criminali – in parte prodotti d’esportazione della guerra alla droga combattuta in Messico – che minacciano di sostituirsi ad un potere legale che mai, nella storia del paese, ha saputo mostrarsi forte o giusto. Paura dell’oggi, paura del domani. Ed è stata la paura – come sempre pessima consigliera – a dominare la corsa presidenziale che questa domenica, 11 settembre, ha vissuto la sua prima ronda. Vincitore di questo primo scontro con il 37 per cento dei voti – e grande favorito per la vittoria finale e’ il generale Otto Pérez Molina, 61 anni, già sconfitto quattro anni fa dall’attuale presidente, Álvaro Colom, a suo tempo portatore di una speranza di rinnovamento democratico soffocato dalla crescita del crimine organizzato e di quello “diffuso”. Otto Pérez Molina è, prevedibilmente, l’uomo della “mano dura”. E, sebbene nessuna “diretta” violazione di diritti umani gli sia stata fin qui imputata, è anche l’erede di una storia – quella dei militari che per lungo tempo hanno governato il Guatemala – che si può solo definire infame.
Ovvia domanda: significa la più che probabile vittoria dell’ex generale, se non proprio un ritorno a questo vergognoso passato di massacri e di torture, quantomeno una sua rivalutazione, o una sua silenziosa accettazione? E quali conseguenze può avere per il resto del Centroamerica, anch’esso soffocato dall’ascesa del crimine, il cambio della guardia in Guatemala? Pérez Molina assicura che la sua “mano dura” con la criminalità, non solo nulla ha a che fare con le politiche di sterminio condotte dai passati regimi militari, ma è oggi l’unico modo per difendere la democrazia faticosamente riconquistata. Parole che sembrano aver convinto un elettorato evidentemente angustiato assai più dalle miserie del presente che dalla memoria di un passato di sangue. Resta comunque il fatto che – anche se l’uniforme dell’ex generale è in naftalina da 11 anni, ed anche se, come dice Molina, “il passato non conta” – il possibile ritorno al comando d’un uomo in divisa in un paese che, come il Guatemala, dagli uomini in divisa fu dilaniato, lascia comunque sgomenti.