Come si chiuderà, negli Usa, quella che va sotto il nome di “crisi del limite del debito” (debt ceiling crisis), non è dato sapere. Ma certo è che questa crisi – quali ne siano gli esiti – testimonia il completamento d’una (forse irreversibile e potenzialmente nefasta) metamorfosi: quella che, negli ultimi anni, ha visto uno dei due storici protagonisti del sistema bipolare americano – il Republican Party, o Grand Old Party (GOP) – trasformarsi da forza politica in culto religioso, da partito in setta. Solo in questo modo, infatti – ovvero: solo alla luce di questa progressiva trasfigurazione, iniziata anni fa, ma prepotentemente accelerata dalla vittoria, nel novembre del 2008, del primo presidente di pelle non bianca – si possono spiegare eventi che sembrano, a prima vista, sfuggire ad ogni logica.
Innanzitutto, una precisazione: quella in corso è una crisi che, pur partendo da un problema d’indiscutibile rilevanza economica (la crescita del deficit di bilancio e del debito pubblico), non ha, in sé nulla di economico. È, al contrario, una crisi totalmente artificiale, “politica” nella peggiore accezione del termine. Vale a dire: inventata, inutile, strumentale e masochisticamente dannosa come – volendo usare una metafora piuttosto volgare ma, proprio per questo, assai diffusa e comprensibile – la più classica delle martellate sui testicoli.
Contrariamente a quello che si può dedurre dalla lettura di cronache spesso parziali ed arruffate, la decisione di superare il debt ceiling non comporta alcuna nuova spesa, bensì semplicemente consente il pagamento di spese già decise. E decise dal Congresso. Sicché un Congresso che – come sembra avviato a fare – dovesse infine rifiutare d’elevare il limite del debito, altro in realtà non farebbe che votare contro se stesso. Spiegano infatti gli storici come il debt ceiling – introdotto nel 1917 – non sia, nella sostanza, che un anacronismo, un residuato di tempi nei quali i margini di spesa discrezionale della presidenza erano effettivamente molto ampi e dovevano, in qualche modo, essere controllati dal legislativo. Oggi che tutta le spesa pubblica è stata “budgetized” – vale a dire: è parte di un bilancio approvato dal Congresso – quella legge (un’anomalia presente solo negli Usa e, pare, in Danimarca) non ha più senso alcuno. Ragion per la quale, non essendo stata abolita come sarebbe stato giusto e come molti reclamano, ha finito a rigor di logica per diventare, quella medesima legge, un fatto di pura routine. Quando necessario, il Congresso concedeva all’esecutivo (quasi sempre all’unanimità, o giù di lì) il permesso di contrarre i debiti necessari per consentire agli USA di far fronte ai propri impegni finanziari.
Perché, dunque questa logica, questa “normalità” sono venute meno in questo Congresso? Perché “anormale” è ormai diventata – come sostengono i sacerdoti della nuova setta – la situazione del debito? No, non è per questo. Tutti gli indici continuano a raccontare come i buoni del debito americano ancora siano – a dispetto dell’effettiva gravità di un deficit in continua espansione – ricercatissimi beni d’investimento. E come gli unici immediati pericoli per la quotazione dei “bonds” (e per la stabilità del sistema economico americano) vengano, in effetti, proprio dalle conseguenze d’un possibile default, dagli esperti profetizzate in un arco che va dal “moderatamente gravi” al “assolutamente catastrofiche”. E allora? Per quale motivo una parte rilevante del Congresso – o, più precisamente, della Camera dei Rappresentanti, dallo scorso novembre a maggioranza repubblicana – ha, per così dire, deciso di vibrare questa martellata sui testicoli collettivi della nazione?
La risposta è: perché Dio lo vuole. E perché, quando Dio lo vuole, quello che conta, notoriamente, è il dogma, non la logica, non la ragione. La vera novità, il vero fatto nuovo che ha trasformato quella che era fin qui stata un’operazione logica e routinaria in una crisi potenzialmente devastante a livello internazionale (vedi i recenti ammonimenti del FMI), è in realtà proprio questo: il partito repubblicano, diventato setta, ha scoperto che quel residuato legislativo era una potentissima arma di ricatto. E che, con il ricatto, poteva far valere la volontà di Dio. O, più precisamente, la volontà di quello strano ed assai poco misericordioso Dio di cui Barack Obama è, secondo questo pezzo d’America, la nemesi socialista. Un Dio che odia le tasse (specie quelle per i super-ricchi) ed il welfare. E che, per distruggere le tasse ed il welfare, è disposto a distruggere il mondo. Un po’ come il Doctor Evil dei vecchi film di Austin Power. Solo che, qui, da ridere c’è davvero pochino…
Se davvero si vuol capire il senso della crisi in corso, il punto di partenza non può essere che questo: l’ascesa del Tea Party e la trasfigurazione religiosa del Partito Repubblicano. Anche perché è da qui, io credo, che partiranno, domani, gli storici che dovranno spiegare le radici della crisi dell’Impero Americano…