Dal New Yorker un ritratto dell’anarchico che, a più sconosciuto, agli inizi del XX secolo si inventò la rivoluzione messicana.
Nel 1901, Ricardo Flores Magón, giornalista e dissidente politico ventenne, salì sul palco del Teatro de la Paz, a San Luis Potosí, in Messico, e denunciò il presidente Porfirio Díaz. “L’amministrazione Díaz è un covo di ladri!” gridò, non una volta, non due, ma tre volte. La folla di liberali anti-Díaz sedeva incredula. Forse erano d’accordo con il sentimento: Díaz aveva rubato a troppi messicani la loro terra, i loro diritti e i loro salari. Ma non l’avevano sentita esprimersi così sfacciatamente. All’inizio sibilarono. Alla fine, calpestarono i piedi e batterono forte. L’uomo che aveva convocato l’incontro, Camilo Arriaga, un ammiratore dei critici europei del capitalismo e del potere statale come Karl Marx e Mikhail Bakunin, si chiese: “Dove ci sta portando quest’uomo?”…..