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Saturday, December 21, 2024

Nutellatov

Difficile di questi tempi trovare qualcosa che in Venezuela abbia un, sia pur remoto, fuggevole dolce sapore. Tutto appare a prima vista amaro, triste, disperato. L’economia è a pezzi, i negozi vuoti, gli ospedali in rovina. Da ormai quasi due mesi le proteste riempiono le piazze di gente, bandiere e morti ammazzati nelle sempre più fitte nebbie dei lacrimogeni. Il governo “bolivariano” – lo stesso governo che ha distrutto l’economia e svuotato i negozi, lo stesso che oggi ammazza chi manifesta per le strade – va nel contempo convocando una “Assemblea Costituente” il cui unico scopo è – con la grottesca evidenza di una barzelletta mal raccontata – quello d’abbattere le ultime vestigia d’una democrazia già troppe volte stuprata per poter essere ancora considerata tale, irriconoscibile com’è tra le sue stesse macerie.

Anche perché, al di sotto di quelle macerie, al di sotto dello scontro politico tra un’opposizione che reclama il diritto di votare e un governo “rivoluzionario” deciso, per sopravvivere, a negare con ogni mezzo quel diritto, sembrano dispiegarsi correnti di violenza che, dai due lati della barricata, scivolano, senza controllo, verso le tenebre di una caotica dissoluzione dell’umana convivenza. Saccheggi, ruberie, linciaggi, segnali di una rabbia diventata ormai un modo di vivere o, più spesso, di morire. Malattie da tempo debellate (vedi la difteria e la malaria) che, in questo torbido sottofondo di desolazione, riappaiono con la vendicativa virulenza di una punizione divina. Un ministro della Sanità, Antonieta Caporale, è stata da poco messa alla porta da un governo che, con ragione, teme la verità più d’ogni altro pericolo, solo per avere diffuso i dati sul rapido aumento della mortalità infantile e materna.

Vivere in Venezuela significa, oggi, vivere all’inferno. Eppure, anche in questo inferno, si può, volendo, trovare qualcosa di dolce. Dolce e comico, seppur inevitabilmente parte dell’amarissima tragedia di cui sopra. O meglio: seppur parte, nella sua dolce comicità, o nella sua comica dolcezza, del permanente stato di menzogna – il governo “bolivariano” ha ormai da tempo abolito ogni statistica ufficiale, si tratti dell’inflazione o, per l’appunto, dello stato della salute pubblica – nel quale, in rossiniano crescendo, il governo costringere a vivere il paese. Dolce, in ogni caso, come (nientemeno) la Nutella. E comico, irresistibilmente comico, come la storia che, raccontata giorni fa da Telesur (meglio nota come Tele-Chávez), illustra i dettagli del “golpe” che – ovviamente organizzato dall’opposizione in combutta con le più tenebrose forze dell’imperialismo – proprio sull’agognata bontà della popolarissima crema di cioccolato e nocciola (indiscutibile frutto del genio italico) ha basato le sue trame.

Chiunque segua anche solo superficialmente le vicende del Venezuela, sa bene come il “golpe” sia parte permanente della politica e della cultura (o incultura) del governo “bolivariano”. E questo in almeno tre sensi. In primo luogo, perché due golpe veri – quello organizzato dal “comandante eterno” Hugo Chávez nel 1992 e quello organizzato contro Chávez nel 2002 – sono diventati (ovviamente violentando la Storia) parte integrante della mistica chavista. In secondo luogo, perché è stato proprio, per così dire, “di golpe in golpe” che il governo è andato in questi anni smantellando, pezzo dopo pezzo, la Costituzione democratica dallo stesso “comandate eterno” promossa nel 1999 e dal popolo approvata via referendum. E in terzo luogo perché proprio di golpe completamente inventati – quasi sempre spavaldamente sfidando il ridicolo – s’è alimentata questa rapida ed implacabile marcia verso un regime che non è forse ancora una dittatura a tutto tondo, ma poco ci manca.

In questi golpe fasulli è entrato di tutto. Stormi di aerei comprati nella Repubblica Ceca, cacciabombardieri fantasma, bande di killer assoldati in Colombia, armi e cospirazioni d’ogni tipo. O meglio, è entrato di niente, visto che in niente – al termine di rappresentazioni regolarmente aperte dal solenne annuncio, “tengo pruebas”, ho le prove, enunciato dal capo-comico Nicolás Maduro (e prima di lui dall’ “eterno”) – è poi regolarmente finito il tutto. Non una prova, non un processo, non un condannato.

Nel più recente atto di questa infinita tragicommedia, Nicolás Maduro ha annunciato di avere le prove (che naturalmente non ha mostrato né mostrerà) del fatto che il numero uno dell’opposizione, Henrique Capriles, ha organizzato, con il fine di assassinarlo, un campo paramilitare nello Stato di Miranda. E che, in attesa di realizzare tal “magnicidio” va distribuendo personalmente armi ai manifestanti nella sua abitazione. La storia della Nutella non è, in fondo, che un’allegra variante di questa ennesima pagliacciata, che ha come protagonista non “la Capriloca”, come con grossolana omofobia Maduro ama chiamare Capriles, ma Lilian Tintori, l’esile e molto attiva moglie del più importante prigioniero politico venezuelano, Leopoldo López. La quale, a quanto riferiscono le molto credibili testimonianze dei servizi di Telesur, va di questi tempi aggirandosi per i quartieri marginali offrendo a bambini poveri Nutella in cambio di lancio di molotov. Che cosa c’è, bel bambino, che ti piace più d’ogni altra cosa? La Nutella? Se vai e tiri questa bottiglia contro quegli omaccioni in divisa – vedrai che bel fuoco –, ho qui per te un intero barattolo.

Guardate il video di Tele-Chávez e fatevi le classiche quattro risate, che ridere fa bene, soprattutto laddove, come si usa dire, non c’è proprio niente da ridere. Non esagerate, però. Perché lo spettacolo, purtroppo, continua.

 

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