Si sono aperte, per quasi 3.000 persone, le porte delle carceri di Cuba. Questo è quanto ha deciso il governo di Raúl Castro, con un non dichiarato ma piuttosto ovvio gesto di buona volontà in vista della prossima visita di papa Benedetto XVI. Di che si tratta? Di una pura formalità destinata a lasciare immutata la macchina repressiva che, a Cuba, consente di incarcerare non solo chi di fatto si oppone al governo, ma tutti coloro che, per i loro comportamenti “inconformes”, potrebbero farlo? Oppure di un’autentica apertura in materia di diritti umani? Sul tema, dalle pagine di CubaEncuentro, un’opinione della giornalista dissidente Miriam Leiva.