Domani, 6 novembre, gli americani decideranno in quale direzione camminare. O, piu precisamente, sceglieranno chi, tra l’attuale inquilino della Casa Bianca ed il suo sfidante repubblicano Mitt Romney, governerà per i prossimi quattro anni quella che resta, nonostante tutto (e per distacco), la più grande potenza del pianeta. L’unica cosa che, a questo punto, è facile pronosticare, è che, quale che sia il vincitore, la sua sarà una vittoria di strettissima misura. 2Americhe non può, a questo punto, che rinviare agli articoli già pubblicati ed offrire l’ultima analisi di quello che, lungo l’intera campagna elettorale, è apparso come il più serio dei modelli d’interpretazione di sondaggi non di rado in netto contrasto tra loro. Vale a dire: il “FiveThirtyEight”, di Nate Silver, quasi quotidianamente disponibile nelle pagine elettroniche del New York Times. Secondo questo modello, Barack Obama vanta oggi, sul piano nazionale, il 50,6 per cento del voto popolare, contro il 48,5 di Mitt Romney, dovrebbe raggiungere i 307 voti elettorali (per vincere ne occorrono 270) ed ha, statisticamente parlando, l’86 per cento di possibilità di vittoria. Cifre abbastanza confortanti, per il presidente in carica. Cifre però che, la notte di domani, potrebbero non avere altro significato che quello di rimarcate la volatilità dei calcoli preelettorali.
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