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Monday, November 18, 2024
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Boric, radiografia d’un trionfo annunciato

Con oltre il 70 per cento dei voti scrutinati, Gabriel Boric supera il 55 per cento dei suffragi. Kast riconosce la sconfitta. Il Cile s’appresta a vivere, con lo sguardo a sinistra, una nuova pagina della sua storia. Quelli che seguono sono analisi e pensieri sparsi, scritti alla vigilia del voto….


Nel caso in cui dovesse vincere le elezioni di domenica il candidato della coalizione di sinistra Apruebo Dignidad, Gabriel Boric, dovrebbe come prima cosa erigere un monumento a Izkia Siches: 35enne medica a capo della sua campagna dal 26 novembre, due giorni dopo la vittoria per due punti percentuali del candidato di estrema destra José Antonio Kast, evento che aveva spinto Boric e il suo staff a rinnovare in parte gli uomini al comando, a rivedere la strategia e a sistemare pezzi chiave.

E Itzkia disse: “Gabriel deve vincere…”

Presidentessa del molto prestigioso Colegio Médico e madre di una bambina di otto mesi dellla quale racconta con ironia le avventure su Instagram, Siches ha avuto dopo i deludenti risultati del primo turno una sorta di illuminazione. “Ho guardato mia figlia e mi sono detta: Devo farlo per lei. Gabriel deve vincere”. Ha chiamato la mesa directiva e si è messa a disposizione, poi si è dimessa tra le lacrime da quel Colmed di cui era alla guida da quattro anni: la prima donna a ricoprire quel ruolo in un consesso maschilista e reazionario. La più giovane, la prima di origine aymara. E dato che l’incarico ha coinciso con l’esplosione del Covid, ecco che lei è salita alla ribalta gestendo con competenza e coraggio l’emergenza. Ha mediato e discusso e litigato, si è impuntata contro l’allora ministro Jaime Mañalich che con la sua “quarantena dinamica” (una specie di immunità di gregge progressiva) aveva portato i contagi a 230.000 e le terapie intensive ai limiti del collasso, l’ha avuta vinta ed è entrata nei cuori dei cileni con i suoi modi franchi e semplici, che mischiano leadership e sicurezza. Tant’è che in un sondaggio del 2020 è risultata la politica più amata e si è parlato di candidarla alle presidenziali.

Itzia Siches nel corso d’una manifestazione per il voto a Boric

La sua telefonata è stata accolta con riconoscenza ed entusiasmo, anche se la sua nomina ha un po’ eroso le competenze del factotum e braccio destro del candidato di sinistra, il trentaquattrenne deputato Giorgio Jackson del partito Revolución Democrática. Assunto il comando, Izkia si è lanciata con incredibile energia in quella che ha chiamato “la ruta de la esperanza”, un pellegrinaggio a ritmi forsennati che ha portato lei e la sua equipe dal nord estremo alla meridionale Valdivia: quattromila e quattrocento chilometri lungo quattordici regioni, tutto con Baby Khala alias Khala Simone Yaksic Siches al seguito che non ha fatto che poppare e guardare con curiosità le telecamere ogni volta che la inquadravano, cioè molto spesso.

Come la “madre proletaria” di Pellizza da Volpedo

L’arrivo dell’iperattiva, carismatica Izkia ha rinverdito una campagna che si infiacchiva, portato una ventata di entusiasmo e motivato chi era forse tiepido nei confronti di Boric, ma non di Izkia, non sia mai. Izkia the queen, twittano migliaia di cileni sul suo account, Izkia presidente. Ed ecco che nei sondaggi – vietati per legge dal 4 di dicembre – Boric non solo recupera, ma stacca Kast dai sei a quattordici punti che in un ballottaggio sono una cifra enorme. Nei video e nelle immagini in cui compare, la dottoressa somiglia alla “madre proletaria” che, nel famoso quadro di Pellizza da Volpedo, guida la folla con la bambina in braccio. Solo, però, in versione più fiduciosa ed allegra, sarà perché Baby Khala con quel ciuffo nero dritto in testa e l’aria da impunita toglie tragedia allo scenario. Ma che tragedia, poi? Se c’è una cosa che la campagna trasmette è un’incredibile allegria. Lo staff di Boric, il cosiddetto comando ha un’età media di trentacinque anni. Le foto di gruppo mostrano ragazzi e ragazze che, oltretutto, sono pure belli: per esempio la votatissima deputata comunista Karol Cariola e l’ex deputata Camila Vallejo Dowling, leader studentesche nelle proteste del 2011, così come Jackson e lo stesso Boric.

Itzka con baby Khala, la sua arma segreta…

In sostanza: mentre il 55enne Kast è apparso sempre più strascicato e spento a mano che la campagna avanzava (o sarà forse una stanchezza esistenziale, una stanchezza universale che contagia chi lo guarda), il livello di adrenalina è andato di ora in ora aumentando nelle file di Apruebo Dignitad. Ed è questa adrenalina che segna le ultime battute di una battaglia elettorale che passa per essere, a ragione, la più importante dal ritorno della democrazia: estrema destra contro sinistra radicale. Un Cile nuovo contro quelle stantio rappresentato da Kast e dai suoi seguaci, un mondo vecchio, e non solo politicamente: il mondo dei ricchi momios chiusi nei propri privilegi e raggrinziti in una logica di casta che li separa dal resto dei cileni, prigionieri d’una bolla in cui le novità del mondo, le rivendicazioni e le proteste, i molti cambiamenti arrivano ovattati come un’eco, filtrati da mille passaggi intermedi. Il Cile di cui Kast è espressione, vive una vita inconsapevole e blindata e capisce il Paese reale soltanto un aspetto: la voglia di sicurezza e la paura che moltissimi hanno del comunismo, al punto da votare il candidato della destra anche nel caso in cui lo detestino.

Eppure Boric non è comunista. Ma si presenta in coalizione con il Partito Comunista il cui esponente più conosciuto è il radicale e molto intelligente Daniel Jaude: il “drappo rosso”, il lupo che si traveste da agnello, almeno questo e’ quel che pensano i seguaci di Kast. Quella che si appena conclusa è stata la più dura che la storia recente ricordi, la più cattiva e piena di colpi bassi, di volgarissimi attacchi personali: Boric somiglia a un maiale, è un malato mentale a causa del suo disturbo ossessivo compulsivo per cui è finito addirittura in clinica psichiatrica (non importa che sia stato lui a chiedere il ricovero), è uno che non ha concluso niente nella vita nemmeno ha finito gli studi di diritto mentre Kast sì, è un signor avvocato.

Santiago, 26 de noviembre de 2021. Gabriel Boric recibe a la expresidenta del Colegio Médico, Izkia Siches, quien a partir de este viernes se integra a su comando. Jonnathan Oyarzun/Aton Chile

E’ stata una campagna caleidoscopica, quella per eleggere il nuovo presidente. Roba da farci una sit-com. Con molti aspetti surreali, come quel milione di voti presi dal candidato al primo turno Franco Parisi, uno che in Cile non può mettere piede finché non paghi 230.000 dollari di alimenti all’ex moglie, e che, senza muoversi dall’Alabama dove vive e ha insegnato economia, ha raccattato un consenso che ha lasciato basiti gli analisti, ottenendo un terzo posto che, se lo ha escluso dal ballottaggio, ha trasformato quell’incredibile tredici per cento in una sorta di “ago delle bilancia” e, dunque, in un boccone ghiottissimo per i due candidati approdati al ballottaggio.

Parisi, l’ago (poi spuntatosi) della bilancia

Per buona parte della campagna, Boric e Kast si sono contesi senza esclusione di colpi quel milione di voti. Parisi e il suo Partito della Gente tuonano contro la corruzione? Ed ecco che per Kast e Boric la corruzione diventa un punto centrale dei programmi. Parla degli stipendi troppo alti dei politici? E Boric si affretta a ricordare che ha cominciato a proporre la riduzione di stipendio per i parlamentari appena è stato eletto deputato. Parisi ha vinto di gran lunga nelle regioni del Nord, alle prese con il problema dell’immigrazione via terra dal Venezuela, ed ecco che Boric, che fino all’altro ieri era per l’accoglienza senza condizioni, comincia a parlare di emigrazione ordinata, nel rispetto delle leggi.

Dall’alto di quei molti voti che nemmeno lui sa come abbia preso, Parisi ha almeno per un po’ mosso i candidati come burattini. E loro per un po’ gli hanno dato abbondante corda. Poi però qualcosa è cambiato. Parisi è un gagà di bell’aspetto, sguardo vacuo sotto un ammiccante ciuffo scuro, perfettamente curato. E ha conquistato moltissimi cileni con un programma populista e di destra che minaccia di rivelarsi un bluff. O meglio: che si è rivelato un bluff allorquando il candidato di sinistra ha, finalmente, smesso di corteggiarlo. Quando Parisi ha, per l’ultima volta, invitato i candidati al suo programma televisivo Bad Boys per discuterne le proposte, i due dapprima hanno accettato. Ma Boric dopo qualche giorno ha cambiato idea. Parisi sarà pure un gagà, ma di economia ne macina, è il suo lavoro, e ha dedicato un’intera trasmissione a fare a pezzi il progetto economico di Apruebo Dignidad. E Boric stavolta, anziché compiacerlo, ha risposto alla sfilza di critiche ridicolizzandole: “Consiglierei a Parisi di pagare gli alimenti anziché pontificare in giro”, ha detto lapidariamente. Parisi aveva in precedenza trasmesso una intervista a Kast che, nella sua ossequienza, aveva probabilmente avuto effetti controproducenti. Ed ha preso forza l’idea che Kast si fosse recato per tre giorni negli Stati Uniti per incontrare Parisi e stabilire una strategia anti Boric. emergevano o tornavano alla ribalta notizie sul lato più torbido del passato dell’economista. Su tutte: quella che rivelava come fosse stato allontanato, per molestie sessuali alle studentesse, da università del Texas e in Alabama in cui insegnava. E’ vero che non c’è scenario migliore di una campagna elettorale per questo genere di accuse ma in questo caso apparivano molto circostanziate.

In ogni caso, il peso politico-elettorale di Parisi è andato scemando. E lo stesso Parisi, che ieri ha prevedibilmente dato il suo endorsment a Kast, ha giorni fa dichiarato di voler definitivamente abbandonare la politica. Dopotutto, non gli manca che un anno e mezzo per ottenere la cittadinanza Usa e in quel Paese sta evidentemente meglio.

Anche Boric, peraltro, è stato accusato di molestie, che poi nell’escalation mediatica sono diventate abuso. Sempre in quell’escalation l’accusa è diventata una denuncia. I detrattori non aspettavano altro. Boris acosador è diventato trending topic. Una ragazza che lo frequentava ai tempi in cui era presidente della Fech, ha twittato a ridosso delle primarie di Apruebo Dignidad in cui se la batteva con il comunista Jadue che l’aveva molestata. Tempo qualche giorno e il tweet era sparito. Ma qualche mese dopo la stessa ragazza aveva ribadito l’accusa sul suo account Instagram. Era un account per pochi amici, ma qualche serpe aveva screenshottato e messo in rete il post. Però la cosa si è chiarita. La ragazza ha rettificato e si è scusata, ha perfino incontrato Boric e adesso è tra le sue più scalmanate fan.

Boric è sembrato trasformarsi, in queste ultime battute della campagna nel più classico dei candidati-teflon. Nessuna accusa gli si appiccicava. Secondo il famoso giornalista e direttore della Radio Bio Bio Tomás Mosciatti, la campagna si è polarizzata al punto che i sostenitori perdonano tutto ai due contendenti. Nel caso di Boris, i cambiamenti nel programma per cui i detrattori lo hanno soprannominato Volteretas. Vedi la vicenda della deputata neoeletta Fabiola Campillai, rimasta cieca nella repressione delle proteste e la più votata nella capitale, che prima ha detto che non lo avrebbe appoggiato se non ci fosse stata la incondizionata richiesta di indulto per le persone arrestate durante el estallido (e ancora in galera in attesa di processo) e che poi lo ha appoggiato anche se questa condizione non è stata soddisfatta. O, ancora, vedi i frequenti errori sui dati economici, una caratteristica che gli ha guadagnato, sempre presso i detrattori, il nick di Cifras.

Il partito del “tanto da lo mismo”

A seguirli sui rispettivi account, i candidati sembrano ubiqui. Uni e trini. Dove non ci sono loro c’è qualcuno di importante dello staff. Gli incontri con le autorità di questo o quel posto, con bambini, con gli anziani, con le donne. Nell’ultimo raduno pre-elettorale di Boric di venerdì scorso al Parque Almagro di Santiago la gente era così tanta da far pensare che con quel successo, con quell’affluenza fosse impossibile non vincesse, anche se i sondaggi rivelavano come il 28 per cento ancora non avesse deciso per chi votare o, addirittura, se votare. Perché tanti sono quelli che dicono che tanto “da lo mismo”. E molti analisti parlano di una possibile astensione del 50 per cento.C’è uno scarto di motivazione tra i numeri che leggi nei sondaggi e la ridda di entusiasmo e di iniziative. Voterà per Kast la maggioranza silente che ha paura di un cambio dello status quo o di perdere i propri piccoli grandi privilegi? Ha ragione il sindaco di Recoleta Daniel Jadue quando accusa gli elettori del populista-qualunquista Parisi di essere individualisti che pensano solo ai soldi? L’abitudine a cavarsela da soli, in un Paese di scarsissimo welfare, ha reso molti cileni diffidenti verso novità che sacrificherebbero la meritocrazia?

Boric e Kast sono due mondi, non solo in politica. Invitati la scorsa settimana alla trasmissione Las caras de la Moneda su Canal 13 di Don Francisco, celebre conduttore e filantropo, realizzatore di Teletón Chile, i candidati hanno mostrato personalità radicalmente opposte e non solo per questioni generazionali. In sintesi: il programma con Boric è stato fresco, spontaneo e divertente. Quello su Kast da addormentarsi sul divano. L’ormai ottantenne Don Francisco, nome d’arte per Mario Kreutzberger, è un genio nel tirar fuori gli aspetti più nascosti e intimi dalle persone e in questo caso le ha sfrucugliate più che mai. Ma mentre Boric si è prestato di buon grado e si è commosso e divertito facendo divertire il pubblico, nel suo avversario la fatica di simulare empatia e leggerezza erano così evidenti da scatenare più tenerezza che animosità.

Il fatto è che Don Mario alias Francisco ti chiede di tutto: come ti sei innamorato della tua compagna, come la chiami nell’intimità, la persona a cui hai voluto più bene nella vita, i traumi infantili, i genitori, i sogni. Invita i tuoi congiunti alla trasmissione, ti chiede di dire loro quello che non hai mai detto. Di Boric è venuta fuori la freschezza giovanile, un tratto divertente della personalità, un certo modo quasi ingenuo. Quando il conduttore ha presentato agli spettatori la fidanzata Irina Karamanos, un colpo mediatico visto che la ragazza era sconosciuta fino a quel momento, e Boric ha raccontato che si chiamano affettuosamente chofo e chofa, da quel carciofo (alcachofa) che piace tanto a entrambi, e lo ha detto come una cosa naturale, era impossibile non immedesimarsi in quell’amore giovane, con lei bellissima e discreta che descriveva l’incantesimo che aveva preso entrambi due anni prima, e di cui ancora erano vittime.

Allorchè Kast ha invece raccontato di quando l’attuale moglie lo aveva, da fidanzati, lasciato perché era troppo impegnato con la politica, raccontando poi quello che aveva dovuto fare per riconquistarla, tutto è suonato stantio, forzato, benché la povera signora María Pía Adriasola, madre dei suoi nove figli, cercasse di portare brio in quella minestra tiepida. Quando poi quell’esercito di figli (meno uno, assente giustificato) ha intonato la canzone Si los hombres han llegado hasta la luna, con Maria Pia che li accompagnava alla chitarra, la foto della tipica famiglia cuica cilena, d’alto livello e cattolicissima, era così completa e leccata da scivolare nel ridicolo.

Kast e Pinochet, una coppia perfetta

Quello che non è ancora chiaro è se Kast sia un nazista come lo descrivono o un pacato bonaccione come lo dipinge l’amico e senatore Carlos Larraín. Che sia pinochetista è noto, lo ammette con orgoglio tanto ripetere ad ogni occasione che se il dittatore fosse vivo voterebbe per lui. E si è attivato per l’indulto ad alcuni detenuti di Punta Peuco, il carcere in cui sono rinchiusi alcuni tra i peggiori sgherri di Pinochet come Miguel Krasnoff, condannato a ottocento anni per omicidi e torture e amico personale di Kast. Quando Mosciatti, uno dei giornalisti più famosi del Cile e terrore dei politici, gli ha chiesto durante la prima tranche di campagna se era vero che era a favore della giunta civico-militare ha risposto imbarazzato di sì. Ma quando il giornalista gli ha chiesto cosa gli piacesse di Pinochet elencando tutti gli orrori del tiranno (“Cosa le piace di lui? Le violazioni dei diritti umani? Le sparizioni? Le torture? Il fatto che Pinochet avesse rubato soldi allo Stato?) e lui a ogni domanda scuoteva la testa e rispondeva convinto: “No” e “No” pensavi è troppo stupido, non può essere anche nazista, non un nazista consapevole.

Nazista o meno, Kast ha tuttavia dimostrato un infimo livello di personale moralità lungo tutta la campagna. Era dal ritorno della democrazia che, in Cile, non si assisteva ad un attacco tanto sistematico, personale e violento contro un rivale politico. Mai s’era vista una tale valanga di menzogne ed insulti come quella che Kast ha lanciato, giorno dopo giorno contro Boric. Basti pensare alla questione dell’acoso. Nel primo dei due dibattiti televisivi tra i due candidati nella seconda tranche della campagna Kast ha chiesto a Boric se aveva chiesto scusa alla ragazza che lo avrebbe denunciato (secondo Kast) per abuso sessualee aveva insistito con evidente cattiveria mentre l’altro gli rispondeva sempre più irritato.

Tanto violento e continuato è stato l’attacco da entrare in stridente contraddizione con la pace sociale, la serenità e la sicurezza che Kast promette al Paese. Ed era ovviamente in malafede il deputato Gonzalo de la Carrera quando ha postato il fotomontaggio diventato virale di un Boric che partecipava alle violenze dei più scalmanati tra i manifestanti dell’estallido, bagnato dai lacrimogeni. Né era animato da sentimenti di concordia il deputato Johannes Kaiser quando irrideva gli avversari con battute volgari e misogine, tra l’altro sostenendo che il sogno d’ogni donna è venire violentata e che quelle che denunciano violenze sono in genere bruttissime.

E Kast ha preso le distanze troppo tardi da questa deriva di cui è tra i responsabili. Quando nel novembre scorso sono venuti fuori i filmati che mostravano le varie intemerate, l’alto comando della coalizione Frente Social Cristiano le ha condannate e a Kaiser è toccato uscire dal partito. Kast ha ribadito che jamas! avrebbe approvato quelle uscite sulle donne, che manco conosceva bene Kaiser ma poi risulta che lo conosceva benissimo e non poteva fingere di essere sorpreso. E visto che le brutte abitudini si fatica a perderle, tre giorni dopo essersi scusato per la leggerezza delle sue battute ne ha fatto una che era perfino peggio sull’attivista transessuale Emilia Schneider.

Dicono gli estimatori che Kast non perda mai l’aplomb, la compostezza. Sembra però che debba ogni volta fare uno sforzo tale per rimangiarsi gli insulti che gli rimangono sul gozzo, e non aspettino altro che la fine della campagna per saltar fuori. Oltre alla storia dell’accusa a Boric per molestie c’è stata la questione del test di droga. In più occasioni Kast ha insitito perché il suo avversario si sottoponesse a quell’esame. Un modo come un altro per insinuare fosse un tossico come tutti i ragazzi di sinistra e in generale quelli che protestano. E’ finita che nel secondo e ultimo dibattito prima della segunda vuelta il candidato di Apruebo Dignidad ha tirato fuori quel famoso test che attestava che era negativo. E Kast che non se l’aspettava è rimasto di palta. Boric gli ha sparigliato il gioco.

Kast il candidato che non sapeva ridere

Anche Boric, ovviamente, ha parlato di pace e concordia, ma in ben altro e più credibile modo. Ha invitato tutti ad unirsi a lui ed alla sua coalizione. Ha invitato alla pace e alla fratellanza, alla speranza e all’ottimismo. Ha parlato di un Cile migliore e anche se il suo programma ha fatto molti salti e aggiustamenti rispetto a quello originario resta un programma progressista che punta al futuro, e tiene conto dei progressi che si sono fatti negli ultimi anni, delle conquiste e le rilancia e ne propone altre: un ampliamento della gratuità nella scuola, nella salute e soprattutto nelle pensioni, e il ribaltamento della famosa questione delle Afp. Nell’ambiente e nelle conquiste femministe. Nella tutela degli animali anche se si è dovuto rimangiare in parte la proposta di abolire il rodeo per non inimicarsi i possidenti del sud.

Ci sono molte cose da dire su questa campagna come l’iniziativa di un millon de puertas guidata da Karol Cariola: porta a porta per convincere un milione di cileni. E poi gli endorsement. Gli intellettuali cileni quasi compatti hanno firmato per Boric, iniziativa encomiabile anche se di quelle che di solito non portano nemmeno un voto. Mentre gli intellettuali europei avvertano dei pericoli di un presidente eversivo. Inevitabile l’endorsement di Vargas Llosa a Kast, lo ha perfino chiamato con zoom per raccomandargli di vincere, gli ha detto bisogna vinca per frenare il comunismo. Non c’è niente che migliori con l’età, e anzi le fobie peggiorano. Boric non è comunista, come già detto il comunista della situazione è Daniel Jadue: quello che fino alle primarie era considerato l’uomo forte della sinistra e il nuovo Allende e invece si è ritirato sullo sfondo, più schivo che mai. Molti credono che anche lui stia inghiottendo qualche boccone amaro in attesa del riscatto, considerato che il PC è il partito più organizzato all’inteno di Apruebo Dignidad, e che all’interno di tutta la sinistra, che non è farina per fare ostie, si combattono guerricciole e lotte al coltello.

Sono successe varie cose in questo scorcio di elezioni, varie sorprese. Michelle Bachelet ha pubblicamente appoggiato Boric e lo ha ricevuto nel soggiorno-cucina della sua casa dove hanno discusso per tre ore e bevuto té e caffé, lei informale in infradito, lui casual. In Araucania, intanto, continuano i conflitti tra attivisti mapuche, latifondisti e forza pubblica in una guerra infinita in cui le soluzioni dei due candidati cozzano: dialogo per Boric, mentre Kast che proprio in quella regione ha stravinto con il 42,16%, è per la mano dura.

Immagini continue che mostrano Boric che, a dispetto di chi l’immagina stremato dalla fatica e dallo stress, trova il tempo e l’allegria per commentare con entusiasmo, sorprendersi e rallegrarsi per i disegni che gli mandano i bambini, uno ha perfino riprodotto i quattro, vistosi tatuaggi ispirati alla regione meridionale di Magallanes in cui il candidato è nato e che gli coprono una parte delle spalle e delle braccia. Boric che scoppia a ridere.

Kast, invece, non ride mai, al massimo sorride caustico. “E’ ironico”, dicono alcuni. Ma non è vero, è solo scialbo. E, scialbamente, ha all’ultimo momento, a fronte di sondaggi negativi, cambiato punti essenziali del suo programma. per esempio è tornato indietro sulla privatizzazione della statale Codelco, gigante del rame, e sull’accorpamento del Ministerio de la Mujer con quello del Desarrollo Social.

Ultime annotazioni prima che s’aprano le urne. Sting e Peter Gabriel hanno postato uno statement in cui invitano i cileni a pensarci bene prima di votare un partigiano di Pinochet. Ti viene da pensare chissà cosa prova un ragazzo di 35 anni catapultato all’improvviso sulla scena internazionale nel vedere l’endorsement di Sting e Peter Gabriel. E chissà cosa, dall’altra parte della barricata provano i figli di Kast nel leggere che due miti della musica universale si sono compattati contro il padre fascista. Pensieri banali, piccola cronaca.

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