…e continua una battaglia che, a questo punto, rischia di logorare entrambi i contendenti democratici
13 marzo 2008
di M.C.
Hillary ha vinto. Ma Obama non ha perso. O meglio: Hillary ha vinto senza vincere. Ed Obama ha perso senza perdere. O viceversa. E, nel procedere della contesa, sempre più diffusa va facendosi la sensazione che lāunico vero sconfitto sia, in realtĆ , il partito democratico. Questo ĆØ, in sostanza, quello che le primarie della Pennsylvania, forse le più lunghe e tormentate della recente storia americana, hanno detto martedƬ notte. Giunta sullāorlo dellāabisso, Hillary ha una volta di più confermato il suo straordinario istinto di sopravvivenza, ma ha superato il rivale con un margine di voti troppo ristretto (55 a 45) per ribaltare (immediatamente o in prospettiva) il vantaggio che Obama mantiene, in termini di voti e di delegati, nella marcia verso la Convenzione di Denver. E ā come giĆ in New Hampshire in gennaio, ed in Texas-Ohio, il 4 marzo – Obama non ĆØ riuscito, neppure in questo caso, a sferrare il colpo del knock out. La guerra, dunque, continua. Ed ĆØ, a tutti gli effetti, una guerra di logoramento. Quella che pareva inizialmente essere unāentusiasmante cavalcata, carica di nuove speranze e di straordinarie novitĆ ā una donna ed un afro-americano per la prima volta sulle soglie della nomination per la contesa presidenziale ā sāĆØ trasformata in uno scontro fratricida dallāimprevedibile esito, ma inevitabilmente destinato ad indebolire entrambi i contendenti.
Nel voto di ieri, Hillary Rodham Clinton ha ribadito ā in uno degli Stati sulla carta a lei più favorevoli – la sua forza tra i colletti blu, gli anziani, le donne, gli elettori con basso livello di scolaritĆ . E ieri notte, nel suo ādiscorso della vittoriaā ha con trionfalistico orgoglio sottolineato come, pur avendo gettato nella battaglia una quantitĆ di denaro tre volte più grande di quella da lei spesa, il rivale non sia riuscito a chiudere la partita. Obama ā che solo due mesi fa aveva, in questo lembo dāAmerica, uno svantaggio di oltre venti punti – ha, di nuovo, trascinato con sĆ© i neri, gli intellettuali, lāelettorato urbano (a Filadelfia ha vinto con un margine molto ampio), più, come sempre, le nuove generazioni di votanti, lāAmerica del domani. E, nonostante la sconfitta (una sconfitta pressochĆ© irrilevante per numero di delegati) mantiene la quasi certezza di giungere in vantaggio al traguardo di Denver. Ma entrambi ā Hillary ed Obama – hanno, nel processo, perduto terreno nei confronti di John McCain.
Ben di lĆ dei numeri delle primarie della Pennsylvania – e ben al di lĆ delle previsioni relative allāesito finale della contesa in casa democratica -, infatti, i sondaggi vanno rivelando una pericolosa emorragia di consensi verso il candidato repubblicano. Il 25 per cento delle persone che ieri hanno votato per Obama, e quasi il 30 per cento di quanti hanno sostenuto Hillary, affermanoĀ che, a novembre, in caso di sconfitta del proprio candidato, voteranno per John McCain. E fin troppo facile, per chi ha seguito le ultime settimane di campagna, ĆØ intravvedere, dietro questo slittamento verso destra, gli effetti dāuno scontro che, soprattutto dal lato di Hillary, ha progressivamente esacerbato (e āpersonalizzatoā) i suoi toni negativi, fino a raggiungere ā anche per colpa dei giornalisti-conduttori ā i quasi caricaturali livelli dellāultimo dibattito televisivo, tenutosi giovedƬ scorso sulla rete Abc. Intervistati due giorni fa dal New York Times alcuni anonimi dirigenti della campagna di McCain hanno con aperta soddisfazione sottolineato come Hillary stia, in effetti, āmolto proficuamente facendo il nostro lavoroā, sollevando dubbi sulla āaffidabilitĆ patriotticaā dāun Obama dipinto come un classico intellettuale āliberalā, lontano dai valori dellāAmerica profonda (Dio, Patria e famiglia, senza dimenticare lāamore per le armi). Con il risultato di appannare agli occhi dellāelettorato, quelle che erano apparse le grandi novitĆ ā e le grandi speranze ā del ādopo Bushā prossimo venturo.
Le presidenziali, certo, sono ancora lontane. E forse, come qualcuno sostiene ā ĆØ davvero meglio che i potenziali candidati democratici si sottopongano adesso (e non in settembre o in ottobre) alla prova di una bataglia esasperat, certo fratricida, ma in grado di temprarli in vista dello scontro finale. In attesa dei giorni decisivi, tuttavia, questa resta la veritĆ . Le primarie democratiche della Pennsylvania le ha, a conti fatti, vinte John McCain. Prossimo appuntamento di rilievo il 6 maggio, in Indiana e North Carolina.