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Harry e Louise sono (o si fingono) morti

18 maggio 2009

 

Di Massimo Cavallini

 

Harry e Louise, questa volta, sono morti davvero. Ed a seppellirli è stato – nel corso d’una cerimonia da tutti i media definita “storica” – il neoeletto presidente Barack Obama. O forse no. Forse più giusto – nonché più evangelicamente ispirato ed anche, tutto sommato, più vicino ai fatti – è raccontare la storia in questo modo. Morti da tempo, ma nient’affatto dimenticati, Harry e Louise sono stati non solo resuscitati, ma ufficialmente redenti, ieri, dal neoeletto presidente degli Stati Uniti d’America – uomo, notoriamente, non nuovo a miracoli -, nel corso d’una storica cerimonia alla quale hanno preso parte quelli che, 16 anni fa, di Harry e Louise erano stati i genitori. Ovvero: i rappresentanti di tutte le branche della cosiddetta “industria della salute”. Dalle assicurazioni, alle imprese farmaceutiche, ai medici, agli ospedali. Tutti uniti. E tutti in fila, compunti, alle spalle di Barack Obama. Il quale così ha commentato il prodigio da lui appena eseguito: “Quello che oggi ci ha condotti qui, finalmente tutti assieme, è la comune consapevolezza che non possiamo continuare lungo la medesima, pericolosa strada percorsa negli ultimi anni. I costi della sanità sono ormai fuori controllo e la riforma non è un lusso che può essere rimandato, ma una necessità che non può attendere…Harry e Louise, la coppia televisiva che,nei primi anni ’90, dette volto e voce a quanti si opponevano alla riforma sanitaria, oggi, nell’anno 2009, di quella riforma hanno un disperato bisogno. E, con loro, l’America tutta…”.

Breve riassunto delle puntate precedenti. Harry e Louise erano (sono) i due personaggi ai quali, nell’anno del Signore 1993, l’AHIP (America’s Health Insurance Plan), una delle gradi lobby delle assicurazioni, affidò la sua battaglia televisiva contro il famoso “Universal Health Care Program” allestito da Hillary Clinton. Molti ricorderanno: seduti attorno ad un tavolo ricoperto di scartoffie (presumibilmente conti sanitari), Harry e Louise, andavano, nei loro martellanti  spot, amaramente discutendo i tragici effetti di una riforma in virtù della quale “ora è il governo a decidere della nostra salute”. Ed amaramente concludevano le loro sconfortate (e sconfortanti) conversazioni, con una frase passata alla storia: “There must be a better way”, dev’esserci un modo migliore. Il modo migliore era, per l’AHIP, lasciare le cose (ed i profitti) come stavano. E così fu. Per una serie di ragioni molto complesse – ma complessivamente legate alla fobia americana per la cosiddetta “socialized medicine” paventata dagli spot televisivi – il piano di Hillary miseramente affondò. E Harry e Louise divennero, nell’immaginario collettivo, i due simboli del naufragio. Tardivamente e molto platonicamente – quando ormai anche gran parte dei democratici aveva abbandonato la nave che s’inabissava – Bill e Hillary Clinton si vendicarono “uccidendo” la terribile coppia in un contro-spot (presentato, nel ’94. nel corso dell’annuale cena dei corrispondenti della Casa Bianca, abituale convegno all’insegna dell’autoironia). La scena: un cimitero. Di fronte ad una fredda pietra tombale, il presidente e la first lady commentano la triste storia di Harry e Louise, morti entrambe prematuramente perché, causa una “pre-existing condition” (l’esistenza di sintomi precedenti la firma del contratto) la loro assicurazione aveva rifiutato la copertura finanziaria di non rammento bene quale operazione chirurgica. Sardonica conclusione della coppia presidenziale: “Ther must  be a better way…”.

Altri tempi. Oggi, nel cuore d’una crisi epocale, Barack Obama torna a proporre la riforma sanitaria non solo  come un dovuto atto di giustizia sociale, ma come parte essenziale d’un programma di risanamento economico. Ed ha dalla sua parte, non solo Harry e Louise, opportunamente resuscitati, ma tutti, senza eccezioni, i padroni dell’industria sanitaria. L’impegno dei rappresentanti delle assicurazioni, dell’industria farmaceutica e degli ospedali , presentato ad Obama in forma di lettera aperta la scorsa settimana., è, sulla carta, chiaro e grandioso. Duemila miliardi di risparmi in 10 anni, grazie ad una complessiva razionalizzazione del sistema. Più precisamente: grazie ad una drastica riduzione degli sprechi  (cure non necessarie ) e ad una espansione della prevenzione e della copertura delle malattie più gravi. Vale a dire: proprio quello che Obama – la cui legge di bilancio è, in parte essenziale, basata proprio sul risparmio della spesa sanitaria – aveva chiesto loro. Il che lascia presumere che stavolta  sia davvero, come si dice, la volta buona. L’America che, nel nome del libero mercato (leggi: interessi delle grandi corporation della salute) ha regalato a se stessa il più  socialmente iniquo, costoso ed inefficiente dei sistemi sanitari, s’appresta finalmente a raggiungere il santo Graal della “salute per tutti”. Ci aveva provato Truman e (pensate un po’) Richard Nixon. Johnson c’era arrivato (con il Medicare) ma solo per gli anziani. Ed anche Hillary, partita con sondaggi che le garantivano un 70 per cento d’appoggio popolare, aveva finito per soccombere di fronte a Harry e Louise…

Se così stanno le cose, dunque, perché si vedono, in queste ore, tanti musi lunghi tra gli storici sostenitori della riforma? Per una ragione semplicissima. La riforma sanitaria ventilata da Obama – quella che punta a risolvere, contemporaneamente, i problemi dei costi e quelli dell’ingiustizia – ha (o aveva?) al suo centro la creazione di un ente assicurativo pubblico ( la cosiddetta “public option”) capace di far concorrenza alle assicurazioni private, garantendo a tutti una copertura a prezzi abbordabili. Ed è proprio questo – l’ apparizione di un concorrente che rappresenti gli interessi “collettivi” – ciò che, al di là delle testimonianze d’ossequio verso il presidente, i vecchi genitori di Harry e Louise notoriamente più aborrono. Orbene: a questa parte del progetto, nel corso della “storica” cerimonia, Obama non ha fatto accenno alcuno. Sicché molti si chiedono: che cosa hanno chiesto i “padroni della salute” in cambio del loro (peraltro assai vago) impegno per la riduzione dei  costi?

La domanda resta, per il momento, senza risposta. E molti temono che Harry e Louise, ora resuscitati e redenti da Obama, possano presto tornare, da lato opposto della barricata, a ricordare agli americani – più che mai affamati di intervento pubblico – come , oltre i conti che non riescono a pagare, debba esserci “una via migliore”.

 

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