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Friday, April 19, 2024

Evo padrone

Come previsto con molta anticipazione (vedi articolo su Report on Line) Evo Morales ha vinto ampiamente le elezioni presidenziali in Bolivia.

La vittoria è simile ha quella annunciata da mesi dai sondaggi. Non quella trionfalista del 70% (il massimo raggiunto da Evo resta il 67% del referendum “revocatorio” del 2008) ma un solido 63% del tutto simile all’ultima prova elettorale, il referendum per l’approvazione della nuova costituzione dell’inizio del 2009.

Le ragioni di questo ampissimo trionfo elettorale sono state in buona parte analizzate nell’articolo citato sopra. Dal ritorno della democrazia in Bolivia nel 1982 non vi era stata una campagna elettorale così unidirezionale, un divario così forte di presenza e mezzi tra il partito di governo e le opposizioni.
L’uso degli apparati dello stato è stata una costante in quasi tutte le ultime elezioni presidenziali. Dalle ambulanze all’esercito mobilitati per il governo, tutti i dipendenti pubblici con trattenute sullo stipendio per la campagna elettorale e il giorno libero per partecipare ai comizi “oficialistas”, ecc. Ma questo era il primo caso, almeno dal ritorno della democrazia, in cui un presidente poteva ripresentarsi restando vieppiù in esercizio. Con la costituzione vigente fino all’inzio di quest’anno non esisteva la rielezione presidenziale ammessa ora, con la nuova costituzione, per una sola volta. Al contrario, prefetti-governatori o sindaci che vorrano ricandidarsi, dovranno però rinunciare alla carica 2 mesi prima delle elezioni, come garanzia di non esercitare un potere non dovuto. Questa norma non vale invece per il presidente.

Tra le vicende elettorali da menzionare, la più volte annunciata, dal ministro dell’interno di Morales, “guerra sucia de la oposicion” c’è effettivamente stata ma, come spesso accade, è stata realizzata esclusivamente da chi ne proclamava l’imminenza. Tre giorni prima delle elezioni lo stesso ministro annunciava essere in possesso di una prenotazione aerea per la fuga negli USA, il giorno dopo le elezioni, del principale candidato oppositore e della registrazione forse di una telefonata in cui lo stesso comprava un certo percentuale di voti in una contrattazione da mercato rionale. Le due bufale sono state facilmente smontate ma sono servite comunque allo scopo:di seminare zizzania tra gli elettori.

Si possono comunque sintetizzare queste dati (non ancora ufficiali) e qualche riflessione:

1 – Evo vince con un ampio 63% su scala nazionale.

2 – Come previsto, anche se con un margine di incertezza, avrà il controllo dei 2/3 della nuova assemblea plurinazionale, quindi più del 66% dei senatori e deputati.

3a – Durante la legislatura ora conclusa, si era accusata l’opposizione di bloccare i “cambiamenti” previsti dal governo attraverso il controllo del senato, dove questa aveva la maggioranza di un voto. Ora Evo non solo avrà la maggioranza assoluta per approvare le leggi che vorrà, ma addirittura i 2/3 per poter fare le nomine dei giudici costituzionali, degli organi elettorali o le modifiche alla costituizione senza bisogno di alcun patto con l’opposizione.
3b – Va sottolineato che, come avvenuto già in questi 4 anni di governo, è prevedibile che le camere, ora assemblea plurinazionale, avranno esclusivamente una funzione notariale di ratifica formale delle decisioni del governo. Potrebbero quindi essere considerate virtualmente superflue. Non molto diversamente, “qualcuno” ha recentemente affermato lo stesso per il parlamento italiano: speriamo che ciò non venga usato dagli apologeti nostrani di Evo per giustificarne l’applicazione, ancor più sistematica, del governo di Morales.

4 – Tra i candidati dell’opposizione, Reyes Villa ha avuto più voti di quelli previsti, raggiungendo il 28%. Molto al di sotto invece Doria Medina, con il 6-8%. Degli altri 4 candidati di opposizione solo Rene Joaquino ha ottenuto 3 o 4 deputati nella sua Potosì.

5 – Si conferma il dato prebiscitario del voto per Morales nell’area andina della maggioranza etnica quechua aymara. La Paz, Oruro e Potosì con attorno l’80% dei voti. Cochabamba con una percentuale simile alle passate elezioni presidenziali (66%) e Chuquisaca con il 53%. A Tarija il partito di Morales è primo ma con il 48% dei voti.

6a – In parte inaspettata la tenuta dell’opposizione nell’oriente amazzonico e chaqueño. Santa Cruz Beni e Pando (che ricordiamo rappresentano il 65% del territorio nazionale, più di un terzo della popolazione e quasi la metà dell’economia) hanno votato in maggioranza per i candidati oppositori. Reyes Villa ha preso il 53% dei voti a Santa Cruz, il 55% nel Beni e il 48% nel Pando (Medina rispettivamente il 6, l’8 e il 4%).

6b – Il governo aveva prestato particolare attenzione a questi dipartimenti ed investito molto nella campagna elettorale.

Il Pando sembrava una sicura acquisizione dopo l’insediamento da parte del governo di un prefetto-governatore militare, in sostituzione di quello eletto, l’abbondante migrazione promossa negli ultimi mesi di famiglie dalle ande al tropico e il “trasferimento” del ministro della presidenza in quella regione.
Nel Beni il partito di governo, il MAS, ha stretto un’alleanza con molti notabili dell’ex partito forte di quella regione, l’MNR.
A Santa Cruz ha realizzato un’imponente campagna elettorale – con comizi quasi giornalieri di Morales – fatta anche di colpi di scena, come la confluenza nel MAS di molti ex dirigenti della Union Juvenil Cruceñista, in passato definiti un gruppo razzista e fascista dell’opposizione.
6c -Il dato è ancora più rilevante se si considera che il candidato Reyes Villa è cochabambino, cioè procedente da area andina. Ciò in parte conferma che la gente nell’oriente della Bolivia non ha votato “a favore” di un candidato (Reyes Villa), ma “contro” un candidato (Morales).

La popolazione, non solo le classi medie e alte, ma le classi popolari, gli indigeni e i “camba” (http://it.wikipedia.org/wiki/Camba), il meticciato dell’oriente amazzonico e del chaco, sembra non credere, od opporre una tenace resistenza, nonostante la egemonica propaganda del governo, nel progetto ultra nazionalista e centralista del MAS e di Evo Morales, forse troppo evidentemente focalizzato etnicamente con la maggioranza andina quechua aymara.

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