Per molti era già morta. E certo è che, se ancora non aveva del tutto attraversato le putride acque dello Stige, si trovava da tempo in uno stato comatoso tanto profondo che assai difficile era distinguerlo dal rigor mortis. Ma tutto questo non ha, ormai, nessuna importanza. Perché, quale che fosse il suo stato di salute – ovvero fosse, al momento degli eventi, ampiamente defunta o soltanto moribonda – la democrazia venezuelana (quel poco che restava della) ha ricevuto il suo colpo di grazia il 30 marzo. Una classica, definitiva, pistolettata alla tempia, sparata a bruciapelo. Mandante del delitto: il governo del presidente Nicolás Maduro, “figlio” ed apostolo del “comandante eterno” Hugo Chávez.Esecutore materiale: Maikel Moreno, il neo-eletto presidente del Tribunal supremo de Justicia (Tsj), l’organo nato come trincea legale a difesa della Costituzione (quella “bolivariana” redatta nel 1999), ma che si erge da molti anni a garante del sistematico e brutale (quasi sempre grottescamente) stupro d’ogni principio costituzionale. In altri post mi è capitato di bollare il Tsj come l’ “ufficio legale del governo”, una definizione che mi appare oggi eccessivamente generosa nei confronti di un’istituzione che di “legale” non vanta, ormai neppure nel più negativo dei sensi, assolutamente nulla.

In Venezuela, la separazione dei poteri non era da tempo– almeno una decina d’anni– che un pallido ricordo. Benché già morta o in stato vegetativo, meritava però quantomeno una sepoltura meno burlescamente impudica. Quella messa in atto dal Tsj è stata, invece, una vera e propria azione da sicari: un’esecuzione insieme feroce e cialtronesca. Non è una sorpresa, visto che la ferocia e la cialtronaggine sono, nella storia del chavismo, due virtù che sempre hanno convissuto senza attriti.

Ovvia la domanda: “Che cosa ha ‘desacatado’, a che cosa ha disubbidito, la dissolta Assemblea Nazionale?”. Se la vostra risposta consiste nel dire: “A un’altra sentenza cialtronesca e feroce, contraria (beffardmente) al dettato costituzionale, alla logica e alla decenza”, siete nel giusto. Come risulta da questo, alquanto sintetico, riassunto delle puntate precedenti, nel dicembre 2015, l’opposizione aveva vinto le elezioni parlamentari, e le aveva vinte ampiamente, al punto da conquistare la maggioranza qualificata dei due terzi dei seggi nonostante l’arbitraggio scandalosamente contrario del Consejo nacional electoral (Cne, un’altra appendice del governo).

La nuova Assemblea Nazionale aveva prima, con ovvia riluttanza, “acatado” questa sentenza, ma l’aveva molti mesi più tardi “desacatada” (restituendo il proprio seggio ai quattro deputati dell’Amazonas)  dopo averne constatato la natura palesemente fraudolenta. In un anno, il Tsj non aveva infatti neppure iniziato le indagini sulle irregolarità che avevano determinato il provvedimento “cautelare”: né un’udienza, né un interrogatorio. Niente.